Milano, via Pisacane 1 – Tel. 02 74.53.34 / 02 73.89.594 – Fax: 02 74.91.129 Mail: lombardia.mi@snals.it

Snals - Segreteria Provinciale Milano

SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO LAVORATORI SCUOLA

Il “Decreto Dignità” è legge.

 

Il Senato, martedì 7 agosto, ha approvato definitivamente il d.d.l. di conversione del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, recante disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese. 

Articolo 4
(Disposizioni in materia di diplomati magistrali e per la copertura di posti di docente nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria)

L’articolo 4 – ampiamente modificato dalla Camera – salvaguarda la continuità didattica per tutta la durata dell’a.s. 2018/2019, con riferimento a docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002, i cui contratti di lavoro – stipulati a seguito dell’inserimento con riserva nelle graduatorie ad esaurimento – dovessero decadere a seguito di prossimi provvedimenti giurisdizionali. In particolare, prevede che all’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in questione il MIUR provvede, entro 120 giorni dalla comunicazione, trasformando i contratti in essere in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale non posteriore al 30 giugno 2019.

Inoltre, prevede una procedura concorsuale straordinaria riservata agli stessi soggetti, nonché a laureati in Scienze della formazione primaria, che siano altresì in possesso di requisiti minimi di servizio presso le scuole statali, per la copertura di parte dei posti vacanti e disponibili nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

Il termine di 120 giorni concesso al Ministero per dare esecuzione alle sentenze è mutuato dall’art. 14, co. 1, del D.L. 669/1996 (L. 30/1997), richiamato nel testo, che – a fronte di provvedimenti giurisdizionali e lodi arbitrali che impongono alla P.A. di pagare – concede alle amministrazioni 120 giorni “dalla notificazione del titolo esecutivo” per eseguire il provvedimento ed adempiere all’obbligazione di pagamento, escludendo che nelle more il creditore possa procedere ad esecuzione forzata o alla notifica di un atto di precetto.

Disposizioni per salvaguardare la continuità didattica nell’a.s. 2018/2019

I commi 1 e 1-bis dilazionano l’esecuzione delle sentenze che dovessero adeguarsi alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 11 del 2017, con la quale il Consiglio di Stato, nello scorso dicembre, ha dichiarato che il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’a.s. 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE)(28) del personale docente.

Per approfondimenti sul contenzioso sorto in materia, si veda il Dossier del Servizio Studi n. 39 del 16 luglio 2018.

Sulla base dell’inserimento di questi docenti nelle suddette graduatorie – spesso consentito “con riserva” dai giudici –, il MIUR ha proceduto all’assunzione di (nonché al conferimento di contratti a tempo determinato a) soggetti in possesso del solo diploma magistrale(29) . La carenza del titolo per l’inserimento nelle GAE comporterà il venir meno di un presupposto necessario per la stipula del contratto di lavoro.

Al riguardo, in particolare, durante l’esame da parte della Camera è stata soppressa la previsione in base alla quale la dilazione si applicava ai contratti stipulati entro la data di entrata in vigore del decreto-legge, allo scopo di ricomprendere anche gli eventuali contratti che saranno stipulati nelle more dell’intervento delle decisioni giurisdizionali di merito.

Inoltre, è stato previsto che il MIUR provvede a dare esecuzione alle decisioni giurisdizionali nei seguenti due modi:

  • trasformando i contratti di lavoro a tempo indeterminato in contratti a tempo determinato fino al 30 giugno 2019 (termine delle attività didattiche);
  • trasformando i contratti di lavoro sulla base dei quali sono state conferite supplenze annuali (fino al 31 agosto 2019) in contratti a tempo determinato con “termine finale non posteriore al 30 giugno 2019”.

Non è considerato il caso di contratti di lavoro sulla base dei quali potrebbero essere conferite, entro il 31 dicembre 2018, supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (30 giugno 2019) a soggetti inseriti nelle GAE.

Si valuti l’opportunità di disciplinare anche questa ipotesi.

Quanto alla natura degli attesi provvedimenti giurisdizionali che dovessero comportare la decadenza dei contratti, si ricorda che potrebbe trattarsi tanto di sentenze del giudice amministrativo – posto che, in taluni casi, l’iscrizione nelle GAE era stata autorizzata dai TAR, anche in sede di tutela cautelare, e si attende dunque la pronuncia nel merito degli stessi tribunali, ovvero del Consiglio di Stato – quanto di sentenze del giudice del lavoro.

Si valuti, dunque, l’incidenza della disciplina sopra esposta nei casi di contenzioso instaurato davanti al giudice del lavoro. Più in generale, si valuti l’opportunità di considerare l’interesse legittimo dei controinteressati, ovvero di coloro che, essendo nelle GAE pretermessi ai docenti inseriti con riserva, non sono risultati titolari di contratti di lavoro.

La nuova disciplina per la copertura di posti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria

I commi 1-ter, 1-quater, 1-decies e 1-undecies recano una nuova disciplina per la copertura dei posti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

In particolare (co. 1-ter e 1-quater) – fermo restando che, annualmente, per il 50% dei posti vacanti e disponibili nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, sia comuni sia di sostegno, si provvede attingendo, fino al loro esaurimento, alle GAE –, si dispone che, per il restante 50% (o oltre, nel caso di esaurimento delle GAE) si procede, anzitutto, mediante scorrimento delle graduatorie di merito dei concorsi banditi nel 2016 (ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015)(30 , con riferimento a coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando (c.d.idonei)(31) .

Alla copertura dei posti non coperti con il ricorso alle graduatorie dei concorsi del 2016 si provvede:

  • per metà dei posti, mediante ricorso alle graduatorie di un nuovo concorso straordinario, fino a integrale scorrimento delle stesse;
  • per l’altra metà dei posti, mediante ricorso alle graduatorie di concorsi ordinari per titoli ed esami banditi “con cadenza biennale”.

All’esaurirsi di ciascuna graduatoria regionale del concorso straordinario, i posti rimasti vacanti sono comunque coperti con l’utilizzo delle graduatorie dei concorsi ordinari.

Con riferimento al concorso ordinario per titoli ed esami, si richiama, anzitutto, l’art. 400 del D.Lgs. 297/1994, che tuttavia prevede che i concorsi sono banditi con cadenza triennale.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento circa la cadenza del concorso ordinario. In particolare, ove l’intenzione sia quella di prevedere una cadenza biennale, sembrerebbe necessario novellare l’art. 400 del D.lgs. 297/1994.

Si richiamano, inoltre, l’art. 1, co. 109, lett. b), e 110, della L. 107/2015, in base ai quali, rispettivamente, i concorsi sono banditi anche per i posti di sostegno e agli stessi si accede con il possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento e, per i posti di sostegno, anche con il possesso del titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità.

Si dispone, inoltre (co. 1-decies), che l’immissione in ruolo a seguito dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi del 2016, del concorso straordinario o di un concorso ordinario comporta la decadenza da tutte le altre graduatorie, incluse le graduatorie di istituto e le GAE.

Infine, si prevede (co. 1-undecies) che per la partecipazione al concorso straordinario e ai nuovi concorsi ordinari si applica l’art. 1, co. 111 e 112, della L. 107/2015, che prevede il pagamento di un diritto di segreteria il cui ammontare è stabilito nei relativi bandi, e dispone che le somme riscosse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al MIUR, per lo svolgimento della procedura concorsuale.

Il concorso straordinario per la copertura di posti nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria

I commi da 1-quinquies a 1-nonies recano la disciplina del concorso straordinario per titoli e prova orale, che presenta varie analogie con il concorso previsto dall’art. 17, co. 2, lett. b), e 3, del D.Lgs. 59/2017, per il reclutamento, nella fase transitoria rispetto alla nuova disciplina introdotta con lo stesso D.Lgs., del personale docente nella scuola secondaria. In particolare, come in quel caso, si prevede che il concorso sarà “bandito in ciascuna regione” (a differenza di quanto prevede l’art. 400 del D.Lgs. 297/1994, in base al quale i concorsi sono nazionali e indetti su base regionale).

Al riguardo, tuttavia, si ricorda che, nel caso della procedura prevista dal D.Lgs. 59/2017, a fronte della previsione recata dall’art. 17, co. 2, lett. b), e 3, di “concorso bandito in ciascuna regione”, il DM 15 dicembre 2017 – che, ai sensi dell’art. 17, co. 6, dello stesso D.Lgs., ha disciplinato, fra l’altro, il contenuto del bando – ha disposto che lo stesso bando doveva essere adottato dal Direttore generale per il personale scolastico del MIUR, mentre il concorso e le relative graduatorie dovevano essere organizzate su base regionale (artt. 3 e 5).

Il bando è stato conseguentemente adottato con (unico) D.D.G. del 1° febbraio 2018.

Nello specifico, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca è autorizzato a bandire lo stesso, in deroga alle ordinarie procedure autorizzatorie – comunque necessarie per le successive immissioni in ruolo –, in ogni regione e distintamente per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria, nonché per i posti comuni e di sostegno (co. 1-quinquies).

Il concorso è riservato ai docenti che, alla data prevista dal bando per la presentazione della domanda, abbiano svolto, negli ultimi 8 anni scolastici, almeno 2 anni di servizio su posto comune o posto di sostegno presso scuole statali e siano in possesso di uno dei seguenti requisiti:

  • abilitazione all’insegnamento conseguita a seguito di corso di laurea in scienze della formazione primaria, ovvero di analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia;
  • diploma magistrale “con valore di abilitazione”, o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia, conseguito entro l’a.s. 2001/2002 (co. 1-quinquies).

Al comma 1-quinquies, alinea, si valuti l’opportunità di sostituire la parola “titoli” con la parola “requisiti”.

Nel merito, si valuti l’opportunità di fare riferimento anche all’abilitazione all’insegnamento conseguita all’esito di corsi abilitanti speciali, attivati a seguito delle novità intervenute nella disciplina per l’accesso all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

Con riguardo all’esperienza richiesta, per il computo del servizio si richiama l’art. 11, co. 14, della L. 124/1999, che dispone che il servizio di insegnamento è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni, oppure se sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.

Si segnala che l’art. 11, co. 14, della L. 124/1999 non ha subito successive modificazioni.

Per quanto riguarda la considerazione unicamente del servizio svolto presso le scuole statali, si ricorda che l’art. 2, co. 2, del D.L. 255/2001 (L. 333/2001) ha disposto che, ai fini dell’aggiornamento delle graduatorie permanenti, poi ad esaurimento, i servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla L. 62/2000 sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali.

Con riferimento alla parità di trattamento tra insegnanti delle scuole statale e insegnanti delle scuole paritarie, si è pronunciato sia il giudice amministrativo, sia il giudice costituzionale.

Si veda, in particolare, l’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 951 del 7 marzo 2017, con la quale è stata accolta un’istanza cautelare considerando che “a un primo sommario esame, le tabelle di valutazione relative alla procedura di mobilità del personale docente di cui all’ordinanza ministeriale n. 241 del 2016, nella parte in cui prevedono l’attribuzione di tre punti per ciascun anno di servizio pre-ruolo prestato nelle sole scuole statali, pareggiate e parificate, escludendo e considerando non valutabile il servizio pre-ruolo svolto presso le scuole paritarie, sembrano porsi in contrasto il principio di parità di trattamento (tra le due categorie di istituzioni scolastiche) stabilito dalla legislazione statale (l. n. 62 del 2000, l. n. 107 del 2015)”.

Si veda, altresì, la sentenza n. 251/2017 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., l’art. 1, co. 110, ultimo periodo, della L. 107/2015 che escludeva dai concorsi pubblici per il reclutamento dei docenti il personale già assunto su posti e cattedre con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali. Il diritto di partecipare al concorso era condizionato alla circostanza che non vi fosse un contratto a tempo indeterminato alle dipendenze della scuola statale, mentre analoga preclusione non era prevista per i docenti alle dipendenze di una scuola privata paritaria a tempo indeterminato e per i docenti immessi nei ruoli di altra amministrazione. L’esclusione si fondava sulla durata del contratto e sulla natura del datore di lavoro: criteri non funzionali, secondo la Corte, all’individuazione della platea degli ammessi a partecipare alle procedure concorsuali, che dovrebbero essere impostate su metodi meritocratici. Né era stato possibile ravvisare una convincente ratio legis nella finalità di assorbire il precariato.

Con riguardo all’attribuzione di “valore di abilitazione” al diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002, si ricorda che la già citata sentenza del Consiglio di Stato 11/2017 ha chiarito, innanzitutto, che il D.P.R. 25 marzo 2014(32) ha riconosciuto il valore abilitante del titolo esclusivamente ai fini dell’inserimento nella II fascia delle graduatorie d’istituto e non anche ai fini dell’inserimento nelle GAE.

Ha, inoltre, evidenziato che la previsione contenuta nell’art. 15, co. 7, primo periodo, del D.P.R. 23 luglio 1998, n. 323 – in base al quale “I titoli conseguiti nell’esame di Stato a conclusione dei corsi di studio dell’istituto magistrale iniziati entro l’anno scolastico 1997/1998 conservano in via permanente l’attuale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare” – deve essere correttamente interpretata tenendo conto della specificazione contenuta nel periodo immediatamente successivo, secondo il quale “Essi consentono di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare”. Ha concluso, dunque, che i diplomi magistrali conseguiti entro l’anno scolastico 2001/2002 consentono (senza necessità di conseguire anche il diploma di laurea) (solo) di partecipare ai concorsi per titoli ed esami a posti di insegnante nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.

Alla luce della suddetta pronuncia del Consiglio di Stato, si valuti l’opportunità di chiarire il significato dell’espressione “con valore di abilitazione”.

Per i posti di sostegno, è necessario anche, ai fini della partecipazione al concorso straordinario, il possesso dello specifico titolo di specializzazione sul sostegno o di analogo titolo di specializzazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia (co. 1-sexies).

In analogia con quanto previsto dal D.Lgs. 59/2017, la partecipazione al concorso è consentita ad ogni candidato in una sola regione per tutte le tipologie di posto per le quali abbia i requisiti richiesti (co. 1-septies).

Sempre in analogia con quanto previsto dal D.Lgs. 59/2017, si dispone che, oltre alla valutazione dei titoli, il concorso consta di un’unica prova orale di natura didattico-metodologica, e che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sono stabiliti i contenuti del bando, i termini e le modalità di presentazione delle domande, i titoli valutabili, i criteri di valutazione dei titoli e della prova orale, le modalità di espletamento della stessa, e la composizione delle commissioni di valutazione (co. 1-nonies).

Fin d’ora, si stabilisce che le graduatorie di merito sono predisposte attribuendo fino a 70 punti ai titoli posseduti – di cui fino a 50 per il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione (costituito da scuole statali e scuole paritarie private e degli enti locali) – e fino a 30 punti alla prova orale(33) .

Si valuti l’opportunità di chiarire se la procedura è selettiva.

Il D.Lgs. 59/2017 prevede, invece, che la graduatoria di merito regionale comprende tutti coloro che propongono istanza di partecipazione e specifica che la prova orale non prevede un punteggio minimo

Si stabilisce, inoltre – anche in tal caso in analogia con quanto previsto dal D.Lgs. 59/2017 – che tra i titoli valutabili rientrano il superamento di tutte le prove di precedenti concorsi per l’accesso al ruolo docente e il possesso di titoli di abilitazione di livello universitario (co. 1-octies).


In materia, si ricorda che, l’art. 3 della L. 341/1990 ha previsto che, anche per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, occorreva il conseguimento di un diploma di laurea. A tal fine, ha istituito uno specifico corso di laurea, articolato in due indirizzi.

Successivamente, l’art. 191 del D.Lgs. 297/1994 aveva stabilito che, fino all’attuazione dell’art. 3 della L. 341/1990, l’istituto magistrale (di durata quadriennale) conservava il fine precipuo di preparare i docenti della scuola primaria, mentre la scuola magistrale (di durata triennale) quello di preparare i docenti della scuola dell’infanzia. I diplomati degli istituti magistrali avevano accesso diretto alla Facoltà di magistero, mentre dovevano frequentare un corso annuale integrativo per l’accesso ad altri corsi di laurea.

Con D.I. 10 marzo 1997 è stato, dunque, disciplinato il regime transitorio per il passaggio al sistema di formazione universitaria previsto dalla L. 341/1990. In particolare, il D.I. ha previsto la soppressione, dall’a.s.1998-99, dei corsi di studio della scuola magistrale e dell’istituto magistrale. Al contempo, ha stabilito che i titoli di studio conseguiti al termine dei corsi iniziati entro l’a.s. 1997-1998, o comunque conseguiti entro l’a.s. 2001-2002, conservavano in via permanente il valore legale e consentivano di partecipare alle sessioni di abilitazione all’insegnamento nella scuola materna, previste dall’art. 9, co. 2, della L. 444/1968, nonché ai concorsi ordinari per titoli e per esami a posti di insegnante nella scuola materna e nella scuola elementare, secondo quanto previsto dagli artt. 399 e ss. del D.Lgs. 297/1994.

Con riguardo ai corsi di laurea in scienze della formazione primaria, disposizioni intervenute successivamente alla L. 341/1990 hanno stabilito che l’esame di laurea sostenuto a conclusione dei corsi ha valore di esame di Stato e abilita all’insegnamento nella scuola primaria o nella scuola dell’infanzia, a seconda dell’indirizzo prescelto (art. 5, co. 3, L. 53/2003; art. 6, D.L. 137/2008-L. 169/2008; art. 6 D.M. 249/2010).


________________

28) Le graduatorie permanenti dei docenti – nelle quali erano inseriti i docenti che avevano superato le prove dei concorsi per l’accesso ai ruoli (art. 401, D.Lgs. 297/1994) – sono state trasformate in graduatorie ad esaurimento (GAE) dalla L. finanziaria 2007 (art. 1, co. 605, lett. c), L. 296/2006), che aveva fatto salva l’inclusione nelle medesime, da effettuare per il biennio 2007-2008, di determinate categorie di soggetti già in possesso di abilitazione e, con riserva del conseguimento del titolo di abilitazione, di quanti, alla data della sua entrata in vigore, stessero già frequentando, fra l’altro, alcuni corsi abilitanti speciali (destinati, tra l’altro, a soggetti in possesso del diploma dell’istituto magistrale conseguito fra il 1999 e il 2002).
In particolare, alle GAE si attinge per la copertura del 50% dei posti di ruolo disponibili (art. 399, D.Lgs. 297/1994). Alle stesse si fa ricorso anche per il conferimento delle supplenze annuali, per la copertura di cattedre e postidi insegnamento effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, e delle supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico (art. 4 della L. 124/1999)Le graduatorie per ura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico (art. 4 della L. 124/1999).

29) In particolare, come ha evidenziato il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca rispondendo all’interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-00045 il 4 luglio 2018, sono già stati assunti in ruolo, a seguito dello scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, circa 7.500 diplomati magistrali.

30) Il 26 febbraio 2016 sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale n. 16, per quanto qui interessa, un bando di concorso per titoli ed esami per il reclutamento di personale docente per posti comuni nella scuola dell’infanzia e primaria (6.933 posti comuni per la scuola dell’infanzia; 17.299 posti comuni per la scuola primaria) e un bando di concorso per titoli ed esami per posti di sostegno in tutti gli ordini e gradi di scuola (di cui 304 posti di sostegno nella scuola dell’infanzia e 3.799 posti di sostegno nella scuola primaria).

31) L’art. 1, co. 604, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – modificando sostanzialmente quanto previsto dall’art. 1, co. 113, della L. 107/2015, in base al quale le graduatorie di merito dovevano essere composte da un numero di soggetti pari, al massimo, ai posti messi a concorso, maggiorati del 10% – ha introdotto la previsione secondo cui le graduatorie di merito dei concorsi per docenti sono utili, fino al termine di validità, per le immissioni in ruolo di coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando (c.d. idonei).

32) Con il quale è stato recepito il parere n. 3813 dell’11 settembre 2013 della II Sezione del Consiglio di Stato (v. Dossier del Servizio Studi n. 39 del 16 luglio 2018).

33) Il D.Lgs. 59/2017 dispone, invece, che alla valutazione della prova orale è riservato il 40% del punteggio complessivo attribuibile. Il bando ha specificato che per la valutazione della prova orale e dei titoli, la commissione ha a disposizione un punteggio massimo pari, rispettivamente, a 40 punti e a 60 punti.

Articolo 4-bis
(Durata dei contratti di lavoro a tempo determinato del personale della scuola)

L’articolo 4-bis – introdotto dalla Camera – elimina il termine massimo complessivo di durata previsto per i contratti a tempo determinato del personale della scuola, per la copertura di posti vacanti e disponibili.

A tal fine, abroga l’art. 1, co. 131, della L. 107/2015, che aveva stabilito il divieto, a decorrere dal 1º settembre 2016, per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), per la copertura di posti vacanti e disponibili presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, di superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi.

In seguito, l’art. 1, co. 375, della legge di bilancio 2017 (L. 232/2016) aveva disposto che tale previsione si interpretava nel senso che i contratti di cui tenere conto per il computo della durata complessiva del servizio già maturato erano quelli sottoscritti a decorrere dal 1º settembre 2016.

Il co. 132 dello stesso art. 1 della L. 107/2015 ha altresì istituto nello stato di previsione del MIUR il Fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di € 10 mln per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Il Fondo è stato rifinanziato nella misura di € 2 mln annui per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019, dall’art. 1, co. 376, della già citata L. 232/2016.

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente che l’art. 4, co. 1, della L. 124/1999 aveva disposto che alla copertura delle cattedre vacanti e disponibili entro il 31 dicembre e che rimanevano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico (qualora non fosse stato possibile provvedere con personale docente di ruolo o mediante l’utilizzazione di personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non fosse stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo), si provvedeva mediante il conferimento di supplenze annualiin attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo. In base al co. 11, tali previsioni si applicavano anche al personale ATA.

In seguito, l’art. 1, co. 1, del D.L. 134/2009 (L. 167/2009), introducendo il co. 14-bis nell’art. 4 della L. 124/1999, aveva disposto che i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze di cui ai co. 1, 2 e 3(34potevano trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo.

A sua volta, l’art. 5, co. 4-bis, del d.lgs. 368/2001 – attuativo della Direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 (relativa all’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP(35sul lavoro a tempo determinato) e poi abrogato dall’art. 55 del d.lgs. 81/2015 – aveva stabilito che, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti, il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore avesse complessivamente superato i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro doveva considerarsi a tempo indeterminato. L’art. 10, co. 4-bis, dello stesso d.lgs. – inserito dall’art. 9, co. 18, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) – aveva tuttavia, escluso dalla richiamata previsione i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato.

Con ordinanza 207/2013, la Corte costituzionale ha poi adito la Corte di giustizia dell’Unione europea nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 1 e 11, della L. 124/1999(36. In particolare, la Corte costituzionale ha avanzato domanda di pronuncia pregiudiziale in merito alla conformità della normativa italiana all’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato.

La Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata con sentenza del 26 novembre 2014 (cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13) (c.d. sentenza Mascolo).

I procedimenti principali delle cause riguardavano diversi lavoratori assunti in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati in successione e protrattisi per periodi di tempo molto estesi. Sostenendo l’illegittimità di tali contratti, i lavoratori avevano chiesto giudizialmente la riqualificazione dei loro contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la loro immissione in ruolo (oltre al pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra i contratti e al risarcimento del danno subito).

Nella sentenza, la Corte ha ricordato, innanzitutto, che il citato Accordo quadro si applicava a tutti i lavoratori, senza che si dovesse distinguere in base alla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro o al settore di attività interessato.

Inoltre, ha evidenziato che il medesimo Accordo quadro (clausola 5, punto 1) imponeva agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione di almeno una delle misure elencate alle lettere da a) a c), concernenti, rispettivamente, ragioni obiettive che giustificassero il rinnovo dei contratti, durata massima totale dei contrattinumero dei loro rinnovi.

Poiché la normativa italiana non prevedeva alcuna misura che limitasse la durata massima totale dei contratti o il numero dei loro rinnovi, né misure equivalenti, il rinnovo doveva essere giustificato da una “ragione obiettiva”, quale la particolare natura delle funzioni, le loro caratteristiche o il perseguimento di una legittima finalità di politica sociale.

Secondo la Corte, la sostituzione temporanea di lavoratori per motivi di politica sociale (congedi per malattia, parentali, per maternità o altri) costituiva una ragione obiettiva che giustificava la durata determinata del contratto. La Corte ha rilevato, inoltre, che l’insegnamento era correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione che imponeva allo Stato di organizzare il servizio scolastico garantendo un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di studenti, cosa che dipendeva da un insieme di fattori, taluni difficilmente controllabili o prevedibiliTali fattori attestavano una particolare esigenza di flessibilità, che poteva oggettivamente giustificare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Allo stesso tempo, la Corte ha ammesso che poteva altresì oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell’espletamento di concorsi per l’accesso ai posti permanenti, i posti da occupare fossero coperti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.

Ciò premesso, la Corte ha evidenziato, tuttavia, che la normativa italiana violava, nella sua applicazione concreta, la clausola 5, punto 1, lettera a), dell’Accordo quadro, in quanto conduceva, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato: infatti, tali contratti erano utilizzati per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali a causa della mancanza strutturale di posti di personale di ruolo. Ha ricordato, infatti, che il termine di immissione in ruolo dei docenti nell’ambito di tale sistema era variabile e incerto (non era previsto alcun terminepreciso per l’organizzazione delle procedure concorsuali; l’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento dei docenti in graduatoria dipendeva da circostanze aleatorie e imprevedibili, come la durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato, o il numero di posti nel frattempo divenuti vacanti).

La Corte, dunque, è giunta alla conclusione che l’Accordo quadro non ammettesse una normativa, quale quella nazionale, che, fatte salve le verifiche da parte dei giudici del rinvio, non prevedeva alcuna misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato e, al contempo, escludeva il risarcimento del danno subito a causa del medesimo ricorso abusivo nel settore dell’insegnamento, non consentendo neanche la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato(37.

Alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione ha fatto seguito la sentenza della Corte costituzionale 187/2016.

In particolare, la Corte costituzionale – che, come già detto, aveva effettuato il rinvio pregiudiziale –, viste le conclusioni della Corte di giustizia, ha sancito l’illegittimità costituzionale, dell’art. 4, co. 1 e 11, della L. 124/1999, nella parte in cui autorizzavano il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di personale docente e ATA, senza che ragioni obiettive lo giustificassero.

Inoltre, la Corte ha esaminato la normativa sopravvenuta – ovvero la L. 107/2015 –, che il legislatore aveva inteso adottare proprio allo scopo di garantire la corretta applicazione dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato. In particolare, la Corte si è riferita alle previsioni dell’art. 1, co. 131 (che hanno introdotto il limite temporale di 36 mesi alla durata massima complessiva dei rapporti di lavoro a tempo determinato del personale scolastico su posto vacante e disponibile), dell’art. 1, co. 132 (che ha istituito il Fondo per il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi), dell’art. 1, co. 113 (che ha confermato la cadenza triennale dei concorsi, già prevista dall’art. 400 del d.lgs. 297/1994) e a quelle transitorie recate dall’art. 1, co. 95 (che ha autorizzato il MIUR ad attuare, per l’a.s. 2015/2016, un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente).

La Corte ha, dunque, concluso che, dalla combinazione dei vari interventi effettuati dal legislatore nel 2015, emergeva l’esistenza di misure rispondenti ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia. Peraltro, tale conclusione trovava una indiretta ma autorevole conferma anche nel fatto che la procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia per la violazione della normativa dell’Unione era stata archiviata senza sanzioni, a seguito della difesa dell’Italia, argomentata con riferimento alla normativa sopravvenuta. Infatti, era stato anzitutto introdotto un termine effettivo di durata dei contratti a tempo determinato, il cui rispetto era garantito dal risarcimento del danno, e, quanto alle situazioni pregresse, per i docenti, si era scelta la strada della loro stabilizzazione con il piano straordinario, mentre per il personale ATA, per il quale non era stato previsto alcun piano straordinario di assunzione, si applicava la misura ordinaria del risarcimento del danno(38.

 


34) In base al co. 2, alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico, nonché per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario, si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Ai sensi del co. 3, nei casi diversi da quelli previsti dal co. 1 e 2, si provvede con supplenze temporanee (c.d. supplenze brevi).

35) Si tratta delle organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES (Confederazione europea dei sindacati), UNICE (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea) e CEEP (Centro europeo dell’impresa a partecipazione pubblica).

36) La Corte di giustizia dell’Unione europea era stata adita anche dal Tribunale di Napoli.

37Ex plurimis, a seguito della pronuncia della Corte di giustizia, il Tribunale di Napoli aveva emanato tre sentenze di analogo tenore (nn. 528529 e 530 del 2015), con le quali, tra l’altro, aveva riqualificato il rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con decorrenza dalla data di superamento dei 36 mesi, e aveva condannato il MIUR al pagamento in favore dei ricorrenti delle retribuzioni contrattualmente dovute per i periodi di interruzione del rapporto di lavoro intercorsi tra la medesima data di decorrenza e la effettiva immissione in ruolo.
Il Tribunale di Sciacca, invece, con sentenze nn. 252 e 253 del 3 dicembre 2014 aveva dichiarato la illegittimità dei contratti a termine stipulati con il lavoratore e aveva condannato il MIUR al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di risarcimento, degli scatti di anzianità e degli emolumenti relativi in corrispondenza delle supplenze concretamente eseguite. Inoltre, la medesima Amministrazione era stata condannata al pagamento di una somma corrispondente alle retribuzioni di fatto per i periodi non lavorati intercorrenti tra i vari contratti, a partire dalla messa in mora della stessa e fino alla data della sentenza.

38) Per completezza, si ricorda che, da ultimo, con l’Ordinanza n. 9965 del 23 aprile 2018, la Corte di Cassazione ha ribadito che “non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su organico di fatto e per le supplenze temporanee, né il carattere abusivo della reiterazione può essere affermato quale conseguenza della dichiarazione di illegittimità dell’art. 4, commi 1 e 11, l. n. 124 del 1999, da parte di Corte cost. n. 187 del 2016, giacché l’abuso sussiste solo a condizione che le supplenze abbiano riguardato l’organico di diritto e si siano protratte per oltre 36 mesi, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione, ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima”.
Per la definizione di organico di diritto e organico di fatto si veda qui.