Una interessante sentenza della Cassazione penale che tratta il caso di reato di falsità in atti, analizza in modo puntiglioso la funzione del registro di classe e del professore e sottolineando altresì che il registro elettronico è tutt’altro che obbligatorio, cosa che anche qui su Orizzonte Scuola abbiamo fatto presente più volte, almeno fino a quando non verrà attuato il piano di dematerializzazione contemplato dalla legge di cui oramai si è persa ogni traccia. La sentenza in questione è quella della Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 02-07-2019) 21-11-2019, n. 47241.
La normativa sul registro di classe
I giudici osservano che risulta confermato dal R.D. 30 aprile 1924, n. 965, art. 41, secondo il quale “Ogni professore deve tenere diligentemente il giornale di classe, sul quale egli registra progressivamente, senza segni crittografici, i voti di profitto, la materia spiegata, gli esercizi assegnati e corretti, le assenze e le mancanze degli alunni. In fin d’anno presenta una relazione sullo svolgimento e sui risultati del suo insegnamento”. Il registro o giornale di classe rappresenta, quindi, la verbalizzazione dell’andamento e del rendimento dell’alunno nel corso dell’anno, secondo quanto caduto sotto la diretta percezione dell’insegnante; mentre la relazione finale si pone come propedeutica al giudizio che, a sua volta, si concretizza, in modo conclusivo, nella decisione che il Consiglio di classe assume alla fine di ciascun anno scolastico Detta disposizione è stata oggetto specifico della pronuncia di Sez. 5, sentenza n. 12862 del 21/09/1999, Beccattini MA ed altri, Rv. 214890, dalla cui motivazione può concludersi che devono essere indiscutibilmente qualificate come atto pubblico avente fede privilegiata tutte le attestazioni, riguardanti “attività compiute dal pubblico ufficiale che redige l’atto di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepiti”; natura che si ricava anche sotto il profilo di attestazioni rilevanti ed, anzi, essenziali nel procedimento amministrativo diretto al risultato dello scrutinio finale e della produzione di effetti rispetto a situazioni soggettive di rilevanza pubblicistica, quali il conseguimento del titolo di studio riconosciuto valido nell’ordinamento giuridico statale.
I registri degli insegnanti sono atti pubblici
Coerentemente con detta impostazione, inoltre, va ricordato, rilevano i giudici, che anche la giurisprudenza amministrativa qualifica i documenti in esame come atti fidefacenti (Consiglio di Stato sez. VI, 10/12/2015, n. 5613, secondo cui “I registri degli insegnanti sono atti pubblici aventi fede privilegiata, le cui risultanze possono essere poste in discussione soltanto a seguito di eventuale querela di falso; e va rimarcato che eventuali vizi o irregolarità nella tenuta dei registri degli insegnanti non possono riflettersi sulla legittimità del giudizio finale posto che i registro medesimo rappresenta una mera verbalizzazione dell’andamento e del rendimento dell’alunno nel corso dell’anno; mentre il giudizio si concretizza, poi, in modo conclusivo, nella decisione che il Consiglio di classe assume al termine di ciascun anno scolastico”; TAR Puglia, Lecce, sez. 2, ud. 13/06/2018, dep. 26/06/2018, n. 1071; TAR Sardegna, Cagliari, 17/06/2002, n. 705, che hanno affermato come dalla natura di atto pubblico del registro, che fa prova di quanto in esso attestato fino a querela di falso, discende che l’eventuale falsità dei registri potrà rilevare solo a seguito dell’espletamento del giudizio disciplinato dall’art. 221 c.p.c.). Quanto alla fonte normativa che prevede detta parificazione, come noto, essa va individuata, senza alcun dubbio, nella L. 19 gennaio 1942, n. 86 (Sez. 5, sentenza n. 38466 del 22/07/2015, Todaro Annamaria ed altro, Rv. 264921; Sez. 5, sentenza n. 9793 del 23/02/2005, Boccia ed altri, Rv. 234238, con specifico riferimento alle attestazioni contenute nei registri di classe; Sez. 5, sentenza n. 3004 del 13/01/1999, Thaler W. ed altro, Rv. 212937; Sez. 5, sentenza n. 12862 del 21/09/1999, Becattini ed altri, Rv. 214890; Sez. 5, sentenza n. 2492 del 19/11/1998, dep. 25/02/1999, Boccia R.R. ed altri, Rv. 212814).
La differenza tra registro di classe e il giornale del professore
I giudici intervengono anche sulla differenza tra il registro di classe ed il giornale del professore, cosa che spesso crea confusione anche all’interno della scuola. Sottolineano che il primo è disciplinato dal R.D. n. 965 del 1924, art. 41; come detto, in esso vengono depositate le firme dei professori, le assenze, le giustificazioni degli alunni, i compiti assegnati, i lavori svolti e i dati generali degli alunni, ed ha la funzione di annotare i provvedimenti disciplinari, i compiti assegnati e il programma scolastico svolto dai docenti in ogni singola giornata, le assenze degli alunni e le giustificazioni. Insieme al giornale del professore attesta, inoltre, la presenza dei docenti in classe. Il registro di classe è visionabile da tutti gli alunni della classe. Il giornale del professore o registro del professore è un documento cartaceo in dotazione ad ogni singolo insegnante, nel quale si annotano assenze e valutazioni relative ad ogni alunno nella propria materia. Entrambi i detti documenti, quindi, non possono che essere equiparati nella valutazione normativa quali strumenti provenienti entrambi da un pubblico ufficiale ed in grado di attestare fatti, episodi e situazioni riguardanti la vita comportamentale degli alunni sia all’interno della propria classe che dell’istruzione scolastica in generale.
La valenza di atto pubblico del registro di classe e del registro del professore
In tal senso deve essere ricordata la motivazione della sentenza Sez. 5, n. 12962 del 21/09/1999, Becattini MA ed altri, Rv. 214890, già citata, secondo cui: “Premesso che nessuno dei ricorsi contesta la qualità di pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p. del preside e degli insegnanti di istituto di istruzione parificato (correttamente affermata dai giudici di merito in relazione alle funzioni da essi esercitate), la Corte osserva che il registro personale del professore è espressamente previsto dall’art. 48 (rectius 41) del fondamentale R.D. 30 aprile 1924, n. 965 con l’indicazione di giornale di classe che deve essere tenuto da ogni professore (giurisprudenza sostanzialmente costante, fra tante Sez. VI 9.4.84 N. 4127, Barberis + 2; Sez. V 6.7.83 N. 8498, Fedele + 1; ad colorandum la stessa C.M., circolare ministeriale, 252/78 punto cinque richiamato dalla menzionata sentenza N. 3004/99 parla espressamente delle registrazioni che ogni docente è tenuto a compiere sul giornale di classe comunemente chiamato registro personale del professore), ed è diverso dal diario di classe che riguarda l’intera classe e sul quale si succedono le attestazioni del professori delle, varie materie che espletano i loro compiti in quel determinato giorno, registro in dotazione obbligatoria a ciascuna classe e incontestabilmente per costante giurisprudenza atto pubblico. Nel giornale di classe R.D. 30 aprile 1924, n. 965, ex art. 41 (quindi registro personale del professore) debbono essere registrati … voti, la materia spiegata, gli esercizi assegnati e corretti, le assenze e le mancanze degli alunni; indiscutibile, quindi, la natura di atto pubblico di tutte le attestazioni di cui sopra riguardanti attività compiute dal pubblico ufficiale che redige l’atto di fatti avvenuti alla sua presenza o da lui percepitì (S. 0.10.10.81, Di Carlo); ma indiscutibile detta natura anche sotto il profilo di attestazioni rilevanti ed anzi essenziali nel procedimento amministrativo diretto al risultato finale dello, scrutinio finale, e della produzione di effetti rispetto a situazioni soggettive di rilevanza pubblicistica quali il conseguimento del titolo di studio riconosciuto valido nell’ordinamento giuridico statale. Ed infatti è il registro personale del professore che consente a questi (o a chi per necessità lo debba sostituire) di riferire nel consiglio dei professori in sede di scrutinio e fornire indicazioni e fare proposte (R.D. 4 maggio 1925, n. 653, artt. 77 e sgg.) in ordine alla valutazione dell’alunno, indicazioni tra le quali sicuramente rilevante è quella delle assenze relative alla materia insegnata dal professore non rilevando in contrario che attraverso un laborioso esame del diario di classe o di altri registri possa giungersi allo stesso risultato di conoscenza del numero delle assenze in quella determinata materia”.
Sulla scorta di detto percorso ermeneutico la sentenza citata concludeva per la qualificazione di falso in atto pubblico in ordine a tutte le imputazioni, sia quelle relative alle false attestazioni nel diario di classe che quelle del registro personale del professore.
Il registro elettronico non è obbligatorio
Come detto, i giudici intervengono anche sulla questione del registro elettronico, così scrivendo nella complessa sentenza che si sta commentando: Prive di pregio appare anche il richiamo al D.Lgs. n. 85 del 2005, in quanto occorre ricordare, su questo tema, che il D.L. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, aveva introdotto, per le istituzioni scolastiche e i docenti, l’obbligo di dotarsi di registro elettronico a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013, prevedendo che il Ministero di Istruzione, Università e Ricerca predisponesse entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto un piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie; detto piano non risulta essere stato predisposto, vanificando di fatto il processo normativo e, dunque, rendendo non obbligatorio l’utilizzo del registro e pagelle elettroniche, con conseguente coesistenza, nella pratica, di entrambe le forme di registri, quella cartacea e quella elettronica.
Attenzione a ciò che si attesta sul registro
La giurisprudenza, anche più risalente, di questa Corte regolatrice, continuano i giudici, si è sempre espressa in maniera chiara sulla tematica in esame (Sez. 5, sentenza n. 268 del 10/02/1967, Margarone, Rv. 103943, secondo cui “Rientrano nella categoria degli atti pubblici, ai fini del reato di falso, tutti i documenti, sia pure di carattere interno, che, formati dal pubblico ufficiale competente, costituiscano o concorrano a costituire un diritto od un obbligo per taluno, oppure siano destinati a provare un fatto giuridicamente rilevante del pubblico ufficiale o da lui percepito od attuato. La sottoscrizione del registro delle presenze da parte dei singoli insegnanti di una scuola pubblica è destinata a costituire la attestazione di verità della loro presenza nella scuola stessa. Pertanto e indubbio che la relativa falsificazione integra tutti gli estremi del reato di falso ideologico in atto pubblico, previsto e punito dall’art. 479 c.p. “; Sez. 5, sentenza n. 1120 del 11/07/1967, Quarantotto, Rv. 105579, secondo cui “Costituisce falsità in atto pubblico la falsificazione del giornale di classe o diario scolastico di un pubblico istituto (nella specie, scuola media unificata), in quanto tale documento, pur non identificandosi con il registro del professore, espressamente previsto dalla legge (R.D. 30 aprile 1924, n. 956, art. 48), è un registro in dotazione obbligatoria a ciascuna classe scolastica ed ha tutti i requisiti essenziali dell’atto pubblico in considerazione non soltanto del fatto che esso risulta posto in essere da pubblico ufficiale nell’esercizio della sua pubblica attività, ma anche dello scopo, a cui esso è destinato, di fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti – espressione essenziale della vita stessa della scuola – attraverso la quotidiana documentazione della presenza in classe dell’insegnante, dell’attività dallo stesso svolta, comprensiva anche delle attestazioni concernenti la presenza degli alunni e il loro comportamento, documentazione sottoposta al controllo del preside, attestato dalla apposizione della firma dello stesso, accanto a quella dell’insegnante”).
Le attestazioni delle attività didattiche svolte in classe sono atti pubblici
Nel caso dell’attività didattica, che è essa stessa pubblica funzione, la qualificazione degli atti che estrinsecano la finalità completa dell’ente non può essere considerata come avulsa da quelle connotazioni tipiche della funzione stessa, con la conseguenza che le attestazioni poste in essere nel corso dell’attività didattico-istituzionale non possono che essere inquadrate nella categoria di atti fidefacenti (sulla natura pacificamente autoritativa o certificativa della funzione pubblica, anche disgiuntamente esercitate, cfr. Sez. 5, sentenza n. 6685 del 14/04/1992, P.G. in proc. Martinelli ed altri, Rv. 190513, proprio in riferimento alla funzione pubblica di insegnamento).
Fonte: OrizzonteScuola 5 Dic 2019