Il 9 aprile si è svolta un’audizione informale in remoto del Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, presso la VII Commissione parlamentare Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati “sulle iniziative per fronteggiare l’emergenza epidemiologica in corso”.
Si è trattato della prima occasione nella quale il ministro e i deputati della Commissione hanno potuto confrontarsi dall’insediamento di Manfredi. Se questo è già un fatto singolare, lo sono anche le modalità con cui si è svolto il dibattito, poiché il ministro non ha risposto alle domande dei deputati, non per sua volontà, ma per il tipo di organizzazione adottato per l’incontro.
Il ministro ha ampiamente illustrato le azioni del proprio dicastero per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Ha sottolineato come siano state messe in campo tutte le misure necessarie ad assicurare la regolarità di ogni funzione degli atenei, degli enti di ricerca e delle istituzioni per l’alta formazione, artistica, musicale e coreutica. Ha specificato l’azione del MUR a supporto del sistema sanitario nazionale e si è lungamente soffermato sul problema della didattica, ricordando come sia in corso il monitoraggio della didattica a distanza degli atenei con la quale il MUR afferma di aver coperto il 94% dei corsi universitari uniformemente distribuiti sul territorio nazionale, con 1.200.000 studenti frequentanti (circa l’80%).
Come è facile immaginare, il ministro ha centrato il proprio intervento sui temi della didattica a distanza e del diritto allo studio, soffermandosi anche sulle misure allo studio per l’avvio del prossimo anno accademico (l’intervento integrale è reperibile al link https://webtv.camera.it/commissioni), ma ha praticamente omesso riferimenti specifici agli enti pubblici di ricerca. Per questi ultimi si è limitato a ricordare alcune delle misure approvate nei decreti legge Covid, come l’istituzione del fondo di 50 milioni di euro annui (Decreto CuraItalia) per un triennio per tutto il settore (università, ricerca e afam) e la sospensione del rinnovo degli organi statutari in scadenza per assicurare continuità nella governance. Ha poi accennato al contributo che università ed enti di ricerca hanno dato e continuano a dare sul piano scientifico per la gestione sanitaria e scientifica dell’emergenza in corso, per esempio riferendosi alle ricerche in ambito diagnostico, ma anche a quelle tecnologiche relative alle modalità di tracciamento dei contatti per il contenimento dell’epidemia.
Solo a conclusione del proprio intervento il ministro ha richiamato l’attenzione sulla questione fondamentale: quella degli investimenti destinati alla ricerca nel nostro Paese, auspicando negli atti futuri del Governo l’attribuzione di giuste risorse per il sistema della ricerca e della formazione.
Anche le domande poste successivamente dai deputati sono state soprattutto legate alle numerose questioni della didattica universitaria, a parte la richiesta generale, che il nostro sindacato non può che condividere, di assumere la centralità della ricerca e della formazione come misura della qualità del Paese, attribuendo maggiori fondi al settore. In particolare, come sottolineato giustamente da alcuni deputati, i 50 milioni predisposti del Decreto CuraItalia per università, ricerca e afam sono del tutto insufficienti, anche perché la maggior parte di queste risorse saranno assorbite in misure di sostegno del diritto allo studio.
Lo Snals-Confsal condivide anche la richiesta specifica di erogare subito il Fondo ordinario d’ente agli enti di ricerca, per dare certezze agli istituti che vivono un momento critico. Tuttavia è chiaro che non si tratta di un’erogazione di fondi aggiuntivi, di cui, invece, gli enti hanno necessità in questo frangente per rispondere alle richieste di ricerca scientifica di alto livello provenienti dal Paese e indirizzate a ricerche diagnostiche, terapeutiche, tecnologiche occorrenti nella battaglia contro il Covid-19.
Da questo punto di vista ci attendiamo, nel prossimo futuro, una più specifica attenzione del ministro per i problemi degli enti pubblici di ricerca.