Come la scuola, bene di tutti, è diventato terreno di scontro, politico e non. Con i prof accusati di esodo di massa, dato smentito da Azzolina che, nel giorno della consegna dei banchi monoposto, chiama i colleghi a correo: “La scuola è questione di tutto il governo”.
Doveva – almeno questo si aspettava il Governo – essere il giorno se non della festa quantomeno della tregua, con la consegna dei primi banchi monoposto nella scuola primaria di Codogno. Ma la commozione fino “ai brividi” della maestra Silvia Cabrini, lì a provare a dare forma all’immagine di un passo compiuto nella ripartenza, alla fine si è sgualcita, tramortita da una nuova valanga di allarmi, polemiche e questioni irrisolte. Questa volta in mezzo ci sono finiti i prof, rei di scappare dai test sierologici e pronti, quelli “fragili”, a inondare le scuole di certificati medici per dire che è impossibile mettersi dietro la cattedra con le aule ancora da allestire contro il ritorno del virus, i protocolli di sicurezza che non convincono e gli scuolabus che non fanno stare tranquilli. E per l’ennesima volta la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, al centro anche di un attacco del dem Marcucci (“Insufficienza, spero migliori a settembre”), ha dovuto provare a ridimensionare il caso del giorno (“Non arriveranno i certificati di massa”) e a fare quadrato intorno a chi la scuola la fa (“Temo che ci sia ancora una volta il tentativo di screditare il nostro personale scolastico”).
Il test della scuola, quello chiamato a misurare per primo (fosse altro per una questione cronologica) la capacità del Paese di provare a ripartire e a convivere con 1.462 nuovi contagi, è ancora in preda alla schizofrenia. Una nuova – l’ennesima – giornata convulsa e velenosa. Iniziata subito, con più di un ministro che è sobbalzato di primo mattino nel leggere i titoli e i dettagli di una diserzione in atto, quella degli insegnanti affetti da gravi patologie. Pronti a mollare gli alunni. Numeri da esodo: 250mila solo tra i prof, 400mila aggiungendo gli amministrativi, i tecnici e i collaboratori. Altro che banchi con le rotelle, gel e mascherine. Il bubbone esploso ha scardinato le priorità proprio nelle ore in cui il Governo, le Regioni e i Comuni davano il via libera al documento dell’Istituto superiore di sanità con le linee guida per il rientro a scuola. Quelle trenta pagine dove c’è scritto cosa fare in caso un alunno si alzi e dica al prof di sentirsi febbricitante piuttosto come comportarsi in caso il prof abbia una grave patologia e decida, con il via libera della scuola, di fare lezione.
Il caso dei prof “fragili” pronti a disertare la scuola
L’allarme parte dal Veneto. Dalle “centinaia” di richieste di esonero che il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Carmela Palumbo annuncia essere arrivate già in tante scuole. Nei gruppi sulla scuola che proliferano sui social vengono pubblicati in serie articoli che parlano di 250mila possibile uscite e quindi di 250mila supplenti da trovare in quindici giorni. Al tavolo online della Conferenza unificata, dove sono seduti i rappresentanti del Governo e degli enti locali, in molti strabuzzano gli occhi e partono le prime preoccupazioni. Uno dei partecipanti si spazientisce: “Ma come è possibile? Nelle linee guida è prevista la sorveglianza sanitaria eccezionale per i soggetti fragili e questi non si presentano a scuola?”. Il ministro della Salute Roberto Speranza è costretto a ricorrere a un post su Facebook per sottolineare che “riaprire le scuole in sicurezza è la priorità di tutto il Paese”. Quasi a lanciare un segnale, anche qui l’ennesimo, di invito ad abbassare i toni, a collaborate tutti – Governo, sindaci, presidi e insegnanti – alla buona riuscita della missione della riapertura della scuola.
Il ministero dell’Istruzione a Huffpost: “Stime impossibili, le domande di esonero si presentano dal primo settembre”
Nell’incrocio convulso, il direttore dell’Ufficio scolastico del Veneto, quando è l’ora di pranzo, ammorbidisce i toni e la misura dell’esodo e parla di “richieste di esonero fisiologiche”, ma il tentativo non riesce. Passa qualche ora ed è il ministero dell’Istruzione a dover smentire attraverso Huffpost l’esistenza di dati relativi alle domande di esonero. Dice il ministero: “Non esiste alcuna stima dei professori “fragili” che avrebbero chiesto l’esonero perché solo a partire dal primo settembre, primo giorno di scuola, un professore può segnalare la propria condizione al dirigente scolastico e chiedere l’esonero”. In pratica solo dal primo settembre si potrà capire se e quanti professori “fragili” si presenteranno con un certificato medico per chiedere l’esonero. Spetterà poi all’istituto, attraverso un procedimento che è indicato nelle faq pubblicate sul sito del ministero, attivare la verifica della fragilità e a decidere se il prof starà a casa o, in alternativa, sarà destinato ad altre attività meno a rischio all’interno dell’istituto. La disposizione è chiara: “Il lavoratore interessato chiede al dirigente scolastico di avviare la procedura per la sorveglianza sanitaria eccezionale attraverso il medico competente o i servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con propri medici del lavoro”. La ministra, intervenendo al Tg3 della sera, rafforza il concetto, escludendo l’ipotesi di un esodo di massa.
È scavando nei tempi e nelle modalità della procedura di esonero che si capisce chiaramente come è impossibile determinare oggi, a priori, che 250mila prof non si presenteranno a scuola a settembre. È come dire che tutti quelli che nuotano a mare automaticamente affogheranno. Ma come si è arrivati al numero di 250mila? La risposta è nella distinzione che bisogna fare tra rischio e certezza. Rischio, tra l’altro, che è suffragato da una base molto debole e cioè da un automatismo. Questo: dato che ci sono oltre 300mila insegnanti sopra i 54 anni, allora tutti loro sono fragili e tutti loro hanno deciso di anteporre le loro ragioni di salute al lavoro, scegliendo le prime. Eppure il 28 maggio l’Istituto superiore di sanità ha consegnato al Governo una tabella, che Huffpost è stato in grado di consultare, dove ha dato forma alla popolazione anziana degli insegnanti, catalogandola come più a rischio contagio. Senza, tuttavia, adottare un automatismo tra l’età e il rischio. La tabella riporta semplicemente i seguenti dati: i docenti con più di 54 anni sono 33.349 nella scuola dell’infanzia, 86.820 in quella primaria, 64mila in quella di primo grado e 116mila in quella di secondo. Sono dati elaborati sulla base del portale unico della scuola del ministero dell’Istruzione del 2019. Il totale fa 300.169 docenti: tra questi 170mila hanno più di 62 anni.
Tra l’altro anche il documento dell’Istituto superiore di sanità che è stato approvato dal Governo e dagli enti locali non contiene alcun riferimento all’età dei lavoratori fragili, prevedendo per tutti loro la possibilità, su base volontaria, di attivare la sorveglianza sanitaria eccezionale. In pratica, come riporta il documento a pagina 7, il datore di lavoro è tenuto ad assicurare la sorveglianza, e lo deve fare attraverso un medico competente nominato per la sorveglianza sanitaria ordinaria oppure attraverso un medico competente nominato per il periodo emergenziale o ancora attraverso un medico dell’Inail. Il ministero sottolinea anche questo aspetto: “Il documento dell’Iss definisce le procedure per dare assistenza sanitaria specifica ai lavoratori fragili, ma non ne traccia il profilo”. I professori “fragili” possono ovviamente avere anche meno di 54 anni, ma vale per loro la stessa considerazione e cioè che è impossibile stabilire oggi che 250mila di loro presenteranno una domanda di esonero.
Test e trasporti, lavori e polemiche ancora in corso
Nell’ennesima discussione che sta travolgendo la scuola ci sono anche i test sierologici. Le scuole si muovono alla rinfusa. Alcuni prof scelgono di non sottoporsi al test, altri – a rappresentare la maggioranza – riscontrano problemi con le Asl o con i pochi giorni messi a disposizione dalla scuola per provvedere all’esame. I dati che arrivano dalle Regioni non riescono a trovare forma compiuta. Più che i dati quello che trova spazio è la querelle sull’opportunità o meno fare il test, se ha senso, se è eticamente inaccettabile o meno, considerando che non è obbligatorio per legge. E soprattutto, anche su questo fronte, i prof si ritrovano al centro di attacchi e accuse. E poi bisogna capire ancora come portare gli alunni a scuola a bordo dei mezzi pubblici. Una simulazione dell’ufficio studi di Asstra, l’associazione che riunisce le aziende di trasporto pubblico locale, spiega che serviranno circa 20mila autobus in più è che c’è il “concreto rischio di disservizi”. La questione è calda ed è sempre sul tavolo del Governo. Di tutto l’esecutivo come ha sottolineato la ministra dell’Istruzione nel ricordare ai suoi colleghi che la scuola è questione “di tutto il Governo, “ciascuno con le proprie responsabilità”. In fondo il punto è sempre lì, nella mossa che il Governo non si può permettere di sbagliare di fronte al Paese che chiede risposte certe, quantomeno una, nella stagione dell’incertezza totale.
da Huffpost – 29 agosto 2020 – Giuseppe Colombo