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SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO LAVORATORI SCUOLA

“Il mio voto in pagella di Lucia Azzolina? Non classificabile”

Il direttore del Don Bosco Village School Stefano Cigognani boccia il ministro su aule e banchi a rotelle: “Piombati a un livello imbarazzante. Sbagliato chiudere le scuole senza pensare subito come riaprirle. Scuole di stato spesso con manutenzione inadeguata. Il governo consenta subito una vera concorrenza educativa, dando alle scuole paritarie anche sola la metà di quello che spende per un alunno nella pubblica. E si risolverà anche il problema dell’edilizia scolastica”L’appuntamento per docenti, studenti e genitori del Don Bosco Village School di Milano è all’Arena Civica, dove domani sabato 19 settembre alle ore 18 l’istituto paritario che forma nella sua sede di via Mac Mahon 450 ragazzi della scuola secondaria di primo e secondo grado, festeggerà l’avvio di un anno scolastico eccezionale, perchè segnato dalla pandemia da Covid19. Cuore dell’iniziativa, pensata dal direttore Stefano Cigognani, è la Santa Messa che sarà celebrata dal Vescovo ausiliario del capoluogo lombardo, monsignor Paolo Martinelli.

Professor Cigognani, perchè questa iniziativa ? Qual è il messaggio forte che intende lanciare il Don Bosco Village School?

“Quando si inizia un viaggio, un cammino importante bisogna guardare l’orizzonte, scegliersi le cose giuste da portare con sè e soprattutto domandarsi con chi mettersi in movimento. Un anno di scuola non è semplicemente un tempo in cui imparare tante nozioni, o superare test e interrogazioni. E’ una vera occasione di crescita umana, culturale nonché spirituale. La celebrazione dell’Eucarestia, che significa appunto ringraziamento, è il modo privilegiato per far guardare in alto, per creare comunione, coesione, per infondere speranza in un tempo nel quale l’utile distanziamento sociale, rischia di divenire un distanziamento dei cuori… e questo non possiamo proprio permettercelo, soprattutto in un tempo delicato quale quello dell’età evolutiva, stagione fondamentale per imparare a valorizzare e vivacizzare la dimensione sociale in cui ciascuno deve sentirsi protagonista”.

Lo scorso aprile, in piena pandemia da Covid 19, lei lanciò alle istituzioni l’appello #Prestoascuola per riportare quanto prima e in piena sicurezza i ragazzi nelle loro classi. Così da assicurare ai giovani un corretto percorso sia didattico sia formativo e soprattutto salvarli dal rischio di imbruttirsi abbandonati sul divano di casa. Come è iniziato l’anno scolastico? Come stanno rispondendo i ragazzi a una realtà scolastica per tutti mutata?

“Rimango convinto che sia stato troppo facile chiudere le scuole senza pensare subito quando e come riaprirle. Oggi sento ancora troppo spesso considerare la questione della scuola legandola al personale docente, alle carenze infrastrutturali, all’assunzione di responsabilità da parte dei dirigenti. Direi che avere a cuore il processo di insegnamento/apprendimento didattico/formativo debba tornare ad essere LA priorità…. Molti ragazzi sono arrivati spauriti, altri scoraggiati, altri ancora, il numero più significativo, desiderosi di vivere la dimensione interpersonale, quella dei legami sociali, più che quella del sapere e della loro crescita culturale. Non capiti più in Italia, il “tutti promossi”, si smetta di abbassare asticelle per rispondere a meri criteri di validazione statistica e si chieda, invece, una convinta azione di valorizzazione del merito, perché le scelte politiche di questa pandemia non hanno minato la struttura della scuola, ma l’approccio motivazionale di tantissimi studenti”.

Quali lavori edilizi e interventi organizzativi ha eseguito la scuola per adattare l’operatività didattica e la logistica alle restrizioni sanitarie della pandemia? Come è riuscita a garantire la ripresa in sede di tutte le attività, anche extracurricolari?

“Bisogna considerare che l’edilizia scolastica è normata ancora oggi da un vecchio DM del 1975, il quale prescrive spazi per alunno e per aula, ben superiori al metro tra le rime buccali. Gli edifici costruiti nel rispetto di tale dettame normativo, come quello da me diretto, non hanno avuto grosse difficoltà a rispettare le disposizioni delle linee guide disposte dal CTS e quindi dal Ministero dell’Istruzione. Le scuole pubbliche paritarie sono spesso oggetto di ispezione e controllo e rischiano la perdita dello status giuridico. Le scuole di Stato hanno interventi di manutenzione spesso inadeguati, ma finché non c’è un incidente nessuno teme eventuali chiusure: del resto il controllo non può rimandare in capo al controllore. La libera concorrenza educativa sarebbe un’occasione di risollevamento anche in ambito di edilizia scolastica”.

Lei dirige un istituto paritario che dispone di una autonomia di cassa e di un corpo docente che lo scorso marzo si è da subito dimostrato formato e disponibile alla lezioni a distanza (anche organizzando interrogazioni e verifiche pomeridiane). Come insegnante, qual è il suo pensiero davanti ai tanti plessi scolastici che sono stati invece costretti a riorganizzare le lezioni spezzando le classi in due o che fanno accomodare gli alunni a terra perché ancora attendono i banchi (a rotelle) dal ministero?

“Ho visto colleghi in difficoltà, e, addirittura una Dirigente, piangere dalla disperazione. Esprimo loro la mia profonda stima e solidarietà. Molti dirigenti si sono visti impossibilitati a emanare circolari dispositive inerenti la didattica a distanza, per la forte opposizione del personale docente e delle RSU interne. Moltissimi insegnanti appena hanno saputo del lockdown sono ritornati nei loro paesi d’origine al Meridione, con tutte le problematiche di disponibilità all’utilizzo della banda larga. Oggi molti preside si trovano a dover gestire il problema dei cosiddetti “docenti fragili”, che sono un numero spropositato; che figura meschina stiamo facendo come educatori delle nuove generazioni. Se forse si fosse potuto parlare di CIG o FIS anche per la categoria degli insegnanti tante situazioni controverse si sarebbero risolte da sole, lasciando spazio solo a quelle oggettivamente ineccepibili. Tuttavia dobbiamo avere anche il coraggio di dire che il numero di docenti annunciato per le immissioni in ruolo è pari a quello di diversi anni a questa parte, dato che l’età media degli insegnanti italiani è avanzata. Da anni non si fa una politica seria per la stabilizzazione del personale e l’abilitazione alla professione e di questo non riesco proprio a darmi spiegazione, se non con un grandissimo problema della scuola italiana: il sindacato”.

Come giudica lo sciopero indetto dai sindacati per il 24-25 settembre , con l’esito ti provocare altri disagi dopo lo stop forzato per l’appuntamento referendario?

“Questa protesta, pur legittima, la ritengo fuori luogo e se considero il bisogno formativo ed educativo dei giovani post covid la giudico maggiormente incomprensibile. Se penso poi che nonostante moltissimi docenti non abbiano fatto il monte ore di lavoro pattuito durante i mesi di didattica a distanza e hanno comunque ricevuto stipendio pieno, senza doversi preoccupare di alcunché dal punto di vista economico o per il mantenimento del posto di lavoro mi monta un filo di rabbia. Gli insegnanti pensino a scendere motivati in classe e in piazza a protestare mandino le famiglie che hanno tutte le motivazioni per essere MOLTO ARRABBIATE.

Se dovesse redigere la pagella di Lucia Azzolina, quale voto crede meriterebbe il ministro dell’Istruzione per come ha affrontato l’emergenza e organizzato il rientro dopo l’estate?

“Il Ministero dell’Istruzione è uno tra i più delicati e complicati. Politicamente significativo chiede una gestione seria, competente e lungimirante. Negli ultimi anni è stato affidato a persone che avevano l’ingrato compito di fare finta di muovere tutto e tenere in scacco matto il sistema per ragioni ed equilibri di consenso: attorno alla scuola ruotano dieci milioni di individui: tra alunni e docenti. Con questo ministro abbiamo toccato un livello di sorprendente imbarazzo sia dal punto di vista culturale che organizzativo, pertanto come succede in taluni casi a scuola quando la prestazione è inconsistente, l’elaborato risulta Non Classificabile o peggio Non Valutabile”.

Come affronterebbe la piaga delle molte cattedre scoperte che, quest’anno ancora più che in passato, affligge il sistema pubblico? Crede potrebbe essere una soluzione prevedere delle gabbie salariali al fine di aiutare anche i nuovi docenti che accettano un trasferimento da Nord a Sud a sopperire al diverso costo della vita?

“Anzitutto penso che la laurea debba avere valore abilitante, superando l’annoso problema dei concorsi che vengono realizzati sempre con enormi difficoltà e immani lentezze; inoltre i Dirigente Scolastico, coadiuvato da una commissione interna ed esterna a ciascun Istituto, deve poter dimettere il personale inadeguato a ricoprire tale ruolo. Oggi una volta di ruolo è molto difficile che qualsivoglia docente venga rimosso. Occorre , inoltre, ripensare i percorsi universitari: fra qualche anno non avremo più insegnanti della scuola dell’infanzia o della scuola primaria, docenti di matematica o fisica al liceo, materie insegnabile solo da alcune categorie di laureati. E’ impensabile continuare a favorire la disgregazione del tessuto sociale del nostro meridione per ragioni di opportunità lavorativa”.

Viste anche le molte lacune evidenziate nei concorsi ministeriali, come pensa dovrebbero essere tutelati gli studenti più deboli e in difficoltà ?

“La parola più in uso nell’ultimo lustro nella scuola è INCLUSIONE. Si educano gli studenti a tale valore, si fanno progetti e scambi internazionali, si promuovono confronti pubblici, ma questa azione forse va fatta anzitutto ai funzionari e ai capi di Gabinetto di Viale Trastevere, custodi dei portafogli e delle scelte di investimento. Spesso vengono nominati a ricoprire il ruolo di insegnante di sostegno, gli ultimi docenti rimasti senza cattedra di materia, gli ultimi iscritti in graduatoria, senza esperienza alcuna. La loro nomina arriva sempre tra ottobre e novembre ed è molto difficile che abbia una continuità nel tempo…Nella mia trentennale esperienza conto sulla punta delle dita titolari di cattedra di sostegno. Forse per rendere attuabile un valore dobbiamo renderlo possibile dalla concretezza dell’operato di chi lo indica come una giusta meta e una giusta priorità”.

Il Don Bosco Village offre oggi, oltre alla scuola media, il Liceo delle Scienze Umane e il Liceo Scientifico Sportivo, nei progetti del suo istituto – visto anche il crescente numero di allievi – c’è quello di potenziare l’offerta, istituendo per esempio anche il Liceo Classico, Il Linguistico o l’Artistico?

“La nostra scuola non ha inventato nulla, ha raccolto un metodo, un sistema, un’attenzione alla persona che in tutto il mondo è studiato, ammirato e riprodotto. In Italia c’è ancora chi dice e scrive che la scuola paritaria sia una scuola per i ricchi. Intanto venissero in viale Mac Mahon, 92 a Milano a vedere chi entra ed esce dal portone tutte le mattine, ma se lo Stato Italiano mi mettesse a disposizione solo a metà dei soldi che spende per uno studente che frequenta le scuole pubbliche statali io aprirei non solo il Classico, il Linguistico o l’artistico, ma anche tutti gli Istituti Tecnici e Professionali di ordinamento, con piena adesione da parte di famiglie, alunni e mondo del lavoro. Proviamo a mettere da parte la mera ideologia credendo seriamente nel principio della sussidiarietà educativa”.

da Il Giornale 18/9/2020