Cosa resta, a sette giorni dalla fatidica riapertura delle scuole, della lettera inviata il 14 settembre dalla ministra Azzolina?
Caro amico, ti scrivo… così mi distraggo un po’” cantava il compianto Lucio Dalla; Anch’io nel primo giorno di scuola ho letto la lettera che la ministra Azzolina ha mandato al personale scolastico per l’avvio di questo anno un po’ particolare. Nei tempi moderni, si sono scambiati i ruoli: prima era don Milani che scriveva la sua lettera a una professoressa, ora a farlo è una professoressa diventata ministra dell’Istruzione.
Lo stile della lettera ministeriale è agrodolce, come la nostalgia che pervade un classico della nostra infanzia, Cuore di Edmondo de Amicis. “Il primo giorno di scuola” scrive la Azzolina nella peroratio della sua missiva “porterà con sé grandi emozioni. Anche in chi vi scrive. Ai nostri ragazzi e alle loro famiglie trasmettiamo serenità. Aiutiamoli a conoscere al meglio e rispettare le regole sanitarie, spieghiamo agli studenti e alle studentesse che la scuola ce l’ha fatta e non vedeva l’ora di accoglierli di nuovo”.
Ecco, la nostra scuola è accogliente, certamente, dopo mesi di lontananza, basata sulla didattica a distanza, improvvisata alla meglio maniera, dato il carattere emergenziale, a casa, dove – è bene sottolineare – la maggioranza dei docenti può fruire di una connessione forte, a proprie spese, a differenza di quella che si trova in molte istituzioni scolastiche. Come dice il vecchio proverbio, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, che dirigenti, come coraggiosi nocchieri, stanno guatando per traghettare la scuola post-Covid verso il funzionamento quotidiano, al di là delle numerose criticità. Forse quello più plateale per dare il sapore del clima che si respira in Italia è lo scontro tra Governo e Regione Piemonte a pochissimi giorni dalla riapertura della scuola: dopo l’ordinanza del 9 settembre del presidente Alberto Cirio che ha imposto l’obbligo di verifica a scuola della temperatura degli studenti, è scattata la polemica con la Azzolina.
La lettera della ministra, che va annoverata tra le poche del suo genere letterario nella storia della Repubblica, pare un’arringa appassionata di chi senta il bisogno di difendersi contro tendenziose manipolazioni di proposte curiose che furono avanzate nei mesi passati: come i banchi con le rotelle (o le sedie?), oppure “inscatolare” gli studenti dentro una cabina di plexiglas, oppure fare lezione in bed and breakfast (il Liceo “Umberto I” di Torino ha usato, nel primo giorno di scuola, una chiesa consacrata per recuperare spazi per fare lezione). “Abbiamo stanziato” come scrive la ministra “risorse per l’edilizia leggera – so che in molte delle vostre scuole proprio in questi giorni si stanno completando gli interventi – risorse per i dispositivi di protezione, per predisporre quella logistica che consentirà di evitare assembramenti proteggendo la salute di tutti, per acquistare dispositivi digitali, connettività, libri e kit didattici per i meno abbienti”.
Basteranno le scorte di mascherine e visiere per tutto l’inverno (e oltre?) o arriverà prima il tanto sospirato vaccino? Troppo presto per dirlo: infatti, molte scuole sono ripartite in sordina, come un pianoforte verticale che abbiamo in casa; mancano docenti, le graduatorie provinciali e di istituto non sono pronte, in quanto zeppe di errori, i concorsi dei 78mila docenti si svolgeranno in itinere e saranno messi in ruolo per l’anno scolastico prossimo. Una folla di aspiranti docenti (con Renzi i “potenziatori”, con l’Azzolina i “docenti anti-Covid”) entrerà a scuola per diventare uno strumento che sulla carta pare funzionare, ma nella pratica? Adoperando forse il pluralis maiestatis, la Azzolina scrive: “Respingeremo sempre con forza le insinuazioni che mirano a gettare discredito sulle istituzioni scolastiche e soprattutto su chi ci lavora. Come quelle che danno già per certa una fuga ipotetica di insegnanti dalle classi. O le narrazioni secondo cui non ci saranno corsi di recupero perché i docenti si rifiutano di farli. Traduzioni semplicistiche che rischiano di fare danno al sistema”. Come si sa, a fine agosto, da una circolare ministeriale a firma di Bruschi, i docenti hanno scoperto che fino all’inizio ufficiale della scuola tali corsi sarebbero stati svolti senza alcuna retribuzione aggiuntiva.
Il Movimento 5 Stelle è il partito politico o l’aggregazione politica dei “cittadini”, alla quale appartiene l’Azzolina: persino nella lettera della ministra si trova riscontro dell’attenzione alla rappresentazione diegetica propinata al grande pubblico massmediatico che un tempo sarebbe stata la cosiddetta opinione pubblica: “E attorno a questa nuova attenzione per il sistema scolastico sono emerse narrazioni spesso semplificate, alcune volte allarmistiche, quasi sempre ingiuste sul personale scolastico”. La semplificazione della complessità della galassia scuola italiana è stato il vulnus di gran parte di coloro che hanno retto le sorti del ministero, dove alti dirigenti sono arrivati per propri meriti e competenze, altre con uno sponsor politico-patronale.
Ma l’acme della narrazione epistolarmente semplificante è per me, classicista di infimo ordine, l’aprosdoketon, che è una figura retorica che consiste nell’uso di una parola o di una frase inaspettate rispetto a quelle che ci si attendeva (Treccani): “In questi mesi avete lavorato tantissimo: ci avete messo il cuore e l’anima”. Alla quale va aggiunta la citazione classicheggiante fatta dall’Azzolina durante l’inaugurazione dell’anno scolastico a Vo’ Euganeo: “La scuola non si è mai fermata… Come Itaca la scuola è divenuta terreno di contesa, ma non abbiamo mai abbandonato la nave; Ulisse, alla fine, ce l’ha fatta. È riuscito nell’impresa di tornare a casa. E, così come Ulisse, la comunità docente e discente oggi torna alla sua isola, alla sua scuola. Le avversità e gli ostacoli di questo viaggio mi hanno fatto pensare ad Ulisse e al suo lungo peregrinare per tornare nell’amata Itaca. In questi mesi, come Ulisse, la comunità scolastica ha affrontato venti avversi, insidie, tempeste e peripezie, per tornare alla sua normalità”.
Ma possiamo dire che la preparazione all’apertura della scuola al tempo del Coronavirus è stata gestita come una tela di Penelope?
da Il Sussidiario – – Marco Ricucci