Stiamo assistendo in questi ultimi mesi a una sorta di evidente discrasia tra quanto a livello governativo e ministeriale viene dichiarato rispetto al futuro degli Its e le decisioni che vengono poste in atto. C’è infatti più di un motivo di preoccupazione riguardo al futuro della formazione terziaria professionalizzante rappresentata dagli Istituti Tecnici Superiori, scuole post-diploma di alta formazione che attualmente sono organizzate da fondazioni (poco più di cento in Italia) che erogano i loro corsi organizzati su base regionale, ma che rilasciano un diploma statale di “tecnico superiore”.
Se da un lato i dieci anni di esperienza Its hanno dimostrato che, dati alla mano, i tecnici sfornati trovano occupazione qualificata in brevissimo tempo e che la richiesta da parte delle aziende del diplomato Its è molto superiore al numero di giovani tecnici formati annualmente, dall’altro si assiste a una serie di provvedimenti che fanno dubitare sulla reale volontà politica di far decollare definitivamente il sistema.
Per descrivere quanto sta accadendo si può partire dalla riorganizzazione di quello che fino a qualche mese fa era il Miur e che poi è stato diviso nei due ministeri dell’Università e Ricerca e dell’Istruzione. Al di là di valutazioni sulla reale opportunità della divisione, che nominalmente a “costo zero” ha comunque costretto i due nuovi ministeri a impiegare tempo e risorse nella riorganizzazione, la separazione ha visto gli Its, pur costituenti parte del segmento terziario nel nostro sistema formativo, essere associati al ministero dell’Istruzione, facendo pensare a una sorta di istituzionalizzazione della contrapposizione con le cosiddette “lauree professionalizzanti” nate nel frattempo. A questo si è recentemente aggiunto il fatto che la struttura ministeriale dedicata agli Its che già aveva perso il rango di Direzione generale qualche anno fa, in virtù del nuovo regolamento del ministero dell’Istruzione, verrebbe ulteriormente depotenziata e accorpata in una delle sei direzioni (rispetto alle nove precedenti) che faranno parte della Direzione degli ordinamenti. In poche parole, all’interno del ministero dell’Istruzione la struttura che dovrebbe gestire il sistema Its, segmento strategico per lo sviluppo del Paese, verrebbe ulteriormente depotenziata.
Se è vero che i numeri dei ragazzi che frequentano il segmento terziario professionalizzante è in Italia di gran lunga inferiore a quello presente negli altri Paesi industrializzati europei, è altrettanto vero che in questi anni le fondazioni Its hanno compiuto degli autentici miracoli riuscendo a organizzare corsi di qualità elevata e aumentando in modo esponenziale il numero dei diplomati, senza poter contare su elementi certi quali i finanziamenti (i corsi Its vanno a bando ogni anno) e sulla possibilità di avere un organico e una programmazione pluriennale.
Le risorse impegnate dallo Stato, inoltre, nel corso degli anni sono state veramente esigue (13 milioni di euro all’anno fino a poco tempo fa e ora poco più di 30) per un sistema formativo strategico in crescita. Fortunatamente, ma in molto diversificato territorio per territorio, le Regioni che in origine dovevano contribuire per il 30% al finanziamento dei corsi hanno impegnato risorse ricavate dal Fondo sociale europeo fino ad arrivare in alcuni casi all’80% del finanziamento.
Dall’altra parte, il nuovo ministero dell’Università, ora non più legato all’Istruzione, ha proceduto in questi mesi in modo rapido ed efficiente allo svolgimento dell’iter parlamentare del decreto di istituzionalizzazione delle “lauree professionalizzanti” che, nonostante le dichiarazioni concilianti verso gli Its del Ministro Manfredi, vanno chiaramente a sovrapporsi in molti casi, sia per obiettivi che per figure professionali formate e finanche per metodologie didattiche, a quanto a oggi proposto dagli Its.
In un simile quadro di incertezze e di decisioni contrastanti da più parti si lanciano appelli per la promozione e il rafforzamento degli Its, elementi che appaiono anche nelle linee guida del Governo sul Recovery fund e potrebbero essere inseriti nei progetti finanziati dai fondi europei per la ripresa post-Covid.
Partendo dalla considerazione che gli studi delle maggiori associazioni datoriali prevedono nei prossimi anni la necessità di un massiccio numero di tecnici specializzati, in misura molto maggiore anche rispetto ai tecnici laureati, non ci si capacita di come in questi anni non sia stato possibile procedere in modo deciso con una seria razionalizzazione del sistema formativo tecnico professionale della scuola secondaria e come lo sviluppo auspicato degli Its non sia stato sostenuto con una stabilizzazione dei finanziamenti. Non si comprende poi, come in questo momento importante di scelte per lo sviluppo del Paese, non si crei un’adeguata struttura ministeriale o interministeriale (ministeri Istruzione, Sviluppo economico e Lavoro) per dare stabilità al sistema Its e basi solide alla formazione terziaria professionalizzante.
Come potranno le nostre imprese far fronte alle problematiche della ripartenza se non si pensa a formare un gran numero di Tecnici superiori competenti, preparati da un sistema partecipato scuola-azienda? Come potremo dare ai giovani la prospettiva di un futuro di soddisfazione se non li indirizziamo verso una formazione di qualità?
Probabilmente mai come nei prossimi mesi il nostro Paese potrà contare su risorse economiche adeguate: solo se si lasceranno da parte interessi politici o di strutture consolidate e tutti collaboreranno a un disegno generale importante, il Paese ripartirà.
Il Sussidiario – 21/9/2020 – Giorgio Spanevello