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PAOLO CREPET: Cara Anita, per noi sei l’immagine della sconfitta e l’ultima occasione

Cara Anita, scrivo a te, a nome di tante altre ragazze e ragazzi che stanno lottando per i propri diritti di studiare, di vivere assieme ai vostri coetanei, di crescere e di poter scegliere il proprio futuro sulla base di conoscenze acquisite e di esperienze fatte. Tu e qualche tua straordinaria amica siete un esempio per chi, come me, vorrebbe un paese diverso, ma che per colpa della classe dirigente che abbiamo eletto, ha deciso che siete superflue.

Qualche dirigente scolastico dice che non potete più sedervi sui gradini del vostro liceo perché non è “un luogo adatto” all’insegnamento, mentre, evidentemente, l’isolamento in casa, la domiciliazione delle vostre vite è una scelta sensata. I vostri dirigenti non ricordano le condizioni nelle quali don Milani ha scritto una delle pagine più alte della pedagogia di ogni tempo: case cadenti, tetti pericolanti, pavimenti di fango. Eppure la gioia di combattere la miseria e l’emarginazione di quei bambini ha aiutato quell’uomo a guardare oltre, a cercare l’essenziale.

Tu sei l’immagine della nostra sconfitta, Anita, eppure la tua caparbietà rappresenta la nostra ultima occasione. Parafrasando un altro dei nostri grandi pedagogisti, Mario Lodi, mi sento di dire che “c’è speranza se questo accade” sui quei gradini.

A te non è stato permesso nemmeno di stare vicino al tuo liceo, mentre fabbriche e chiese sono luoghi ritenuti intoccabili. A te viene negato un diritto fondamentale, ma il governo pensa ai panettoni e ai cenoni, perché voi per quella gente siete improduttivi, come gli anziani secondo qualche altro politico.

Già, sei superflua e non hanno nemmeno avuto il coraggio di dirtelo in faccia. Si utilizza la scusa dei trasporti che sarebbero luoghi di trasmissione pestilenziale: i vostri, non quelli dei pendolari, degli operai, degli operatori dei centri commerciali (che presto saranno aperti anche nel weekend perché per parte della classe dirigente è più importante uno zampone di uno studente): d’altra parte tu Anita non voti ancora. Ti fanno sentire perfino in colpa perché chiedi di tenere aperto il luogo di elezione della tua crescita. La Serie A è fondamentale, perfino i lager dove sono ingabbiati atrocemente visoni potenzialmente pericolosi sono al centro di molti riguardi, la scuola no.

Molti politicanti guardano le cifre della pandemia non per migliorare le cure e far funzionare gli ospedali, ma per sperare di riaprire tutto per un “santo e sobrio Natale”, è in ballo il consenso non il senso. Il tuo liceo rimarrà chiuso, poi vi diranno che le feste hanno portato a una nuova ondata, ma intanto qualcuno ha guadagnato qualcosa, voi no.

Nessun politico ha prodotto un pensiero creativo per dare continuità alla vostra formazione e alla vostra crescita: anzi i burocrati hanno stabilito che esse debbano avvenire nel vostro acquario domestico, guardandovi attraverso una manciata di pixel. E chi se ne importa se avete già perso un anno di formazione e di vita.

Nemmeno ti hanno chiesto scusa, Anita. Sei stata allontanata perché dai fastidio: ci ricordi di quando avevamo messo i nostri giovani al centro di un progetto sociale. Meglio non vederti seduta caparbiamente sui gradoni di pietra, meglio occultarti dietro a una finestra illuminata da uno schermo sempre acceso nella speranza che qualcuno si accorga di te, della tua e della vostra solitudine.

Ti chiedo io scusa, anche se non servirà a niente, ma vorrei che tu sapessi che in questa tua meravigliosa battaglia non sei sola e non hai perso, Anita. Questa esperienza ti avrà insegnato che val sempre la pena battersi per la propria dignità e libertà. Non aspettare adulti distratti e pavidi, arriveranno in ritardo, impara semmai a difendere la tua vita con intelligenza e passione.