Aumenti di stipendio in vista per i prof italiani. Come per gli altri comparti della Pa; probabilmente più che negli altri comparti perché, con poco più di 30mila euro lordi di retribuzione media annua secondo l’ultimo aggiornamento dell’Agenzia Aran, il mondo della scuola dovrebbe beneficiare ampiamente anche dell’effetto cuneo fiscale. Al netto di eventuali (e ulteriori) risorse che il governo e il parlamento dovessero trovare per aumentare la dote destinata al rinnovo del contratto nel suo complesso, in aggiunta ai 400 milioni già previsti dalla manovra 2021, al momento gli insegnanti porterebbero a casa 92-93 euro di aumento contrattuale medio (60 netti) più altri 100 euro (ma solo fino a 28mila euro di redditi) derivanti dal taglio all’Irpef che viene rifinanziato dalla stessa legge di bilancio.
Il rinnovo per l’istruzione
Dei 3,7 miliardi a disposizione per il rinnovo dei contratti pubblici 2019-2021 (riassunti nella tabella qui accanto) alla scuola, che fa parte del comparto Istruzione e ricerca, ne sono destinati 1,8 miliardi. Secondo i primissimi calcoli dell’Istruzione per i circa 850mila docenti italiani l’aumento previsto si attesterebbe sui 92-93 euro medi mensili lordi, comprensivi dell’elemento perequativo (che vale in media 11,50 euro), previsto dal precedente Ccnl 2016-2018, rinnovato da Valeria Fedeli. In quel caso erano stati garantiti agli insegnanti aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (da un minimo di 80,40 euro fino a un massimo di 110, in base ad anzianità e grado di scuola). La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha già messo al lavoro i suoi tecnici e punta a definire l’atto di indirizzo (per l’Aran) entro gennaio. Per il ministero, con la doppia operazione rinnovo Ccnl e taglia-cuneo (in vigore dal 1° luglio) per una fetta molto ampia di professori si raggiungerebbe il famoso aumento a tre cifre, promesso da Marco Bussetti prima, da Lorenzo Fioramonti poi, e rinnovato dall’attuale governo Conte. Ma per i sindacati l’aumento a tre cifre, come da accordi sottoscritti, deve arrivare dal nuovo Ccnl, e quindi chiedono risorse aggiuntive: «Servono tra i 600 e i 700 milioni ulteriori», evidenzia Gianluigi Dotti, responsabile del Centro studi della Gilda.
L’impatto del taglio al cuneo
L’operazione taglia-cuneo, stabilizzata in manovra, in attesa della riforma complessiva dell’Irpef, garantisce da quest’estate 100 euro netti al mese a scalare fino a 40mila euro di reddito. Il meccanismo, che assorbe il bonus Renzi, è modulato sugli scaglioni reddituali. Fino a 28mila euro entrano in stipendio 100 euro al mese, da 28mila a 35mila euro, si parte da 100 a scendere fino a 80 euro, sotto forma di detrazione fiscale, per poi ridursi via via da 35mila euro di reddito e azzerarsi nei pressi dei 40mila. In pratica, per chi guadagna fino a 26.600 euro, il beneficio in busta paga è di 20 euro al mese (240 l’anno) poiché assorbe gli 80 euro del ”vecchio” bonus Renzi. Per chi invece ha un reddito compreso tra i 26.600 e i 28mila euro ne vale 100 al mese (1.200 euro l’anno). Un situazione in cui verserebbe, secondo i sindacati, il 10% di tutti i docenti.
Facciamo un altro paio di esempi per raccontare come gli aumenti in arrivo siano in realtà diversi da caso a caso. I docenti dell’infanzia fino a 25 anni di anzianità, della primaria fino a 20 anni, di medie e superiori con 15 anni di servizio hanno stipendi piuttosto bassi (sotto i 26.600 euro), e prendono, perciò, solo 20 euro aggiuntivi oltre ai 60 in arrivo con il rinnovo. Una larghissima fetta di professori con 35 anni di anzianità (e sono molti vista l’età media piuttosto elevata) hanno redditi di 36mila euro imponibili, che possono superare i 40mila, magari perché sommano le risorse extra del fondo d’istituto e i progetti Pon. Costoro non traggono beneficio dal taglia-cuneo, che è calcolato sul reddito Irpef e non sulla retribuzione (quindi non è pensionabile). Per loro, dunque, l’impatto del rinnovo si sostanzierà in 60 euro netti in più al mese.
da Il Sole 24 Ore – 30 novembre 2020 – di Eugenio Bruno e Claudio Tucci