La riapertura della scuola dopo il periodo di festività natalizie sta diventando un casus belli. Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 4 gennaio scorso un decreto-legge che introduce ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Il testo interviene sull’organizzazione dell’attività didattica nelle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, con la previsione della ripresa dell’attività in presenza, per il 50 per cento degli studenti, a partire dal prossimo 11 gennaio.
In questi giorni si moltiplicano però i provvedimenti regionali che stabiliscono diversamente: in Veneto si dispone la sospensione delle attività in presenza nelle scuole superiori fino al 31 gennaio e lo stesso accade in Friuli Venezia Giulia e nelle Marche; la Lombardia ha prorogato la Didattica a Distanza sempre per le scuole secondarie di 2° fino ad almeno il 24 gennaio; in Sicilia si attendono le decisioni della Regione mentre i sindaci di Palermo e Catania ordinano “chiusure” tout court di tutte le scuole cittadine; e ancora nelle province autonome di Bolzano e Trento la didattica in presenza per gli studenti delle superiori parte al 50% già dal 7 di gennaio e i numeri del contagio e dei posti occupati in terapie Intensive non sono inferiori ad altre regioni italiane, anzi.
Al di là delle polemiche, la dialettica istituzionale in corso evidenzia nettamente la persistenza di discrasie decisionali tra organi centrali ed autonomie territoriali su tematiche fondamentali per la vita del Paese. La collaborazione tra stakeholder nei territori rappresenta un passaggio significativo per affrontare la sfida della riapertura delle scuole tutelando nel contempo sia il diritto all’istruzione dei ragazzi sia quello alla salute dei cittadini. Anche il Presidente della Repubblica ha recentemente ricordato quanto sia fondamentale l’impegno di tutti nella lotta alla pandemia sottolineando come ciascuna istituzione debba cercare collaborazione, coordinamento e accordo positivo, perché “soltanto il coro sintonico delle nostre istituzioni e delle loro attività può condurci a superare queste difficoltà (…) Ora è il tempo della responsabilità”.
Tuttavia a pochissime ore dalla ripresa scolastica dopo la pausa natalizia continuano ad essere persistenti i disallineamenti tra tempistiche del servizio scolastico, organizzazione delle azioni di prevenzione sanitaria (campagna vaccinale per gli operatori scolastici) e le decisioni in tema di trasporti pubblici.
Si tratta di procedimenti estremamente difficili da gestire in toto a livello centrale e che necessitano di maggiore autonomia sui territori, soprattutto in termini di responsabilità dei risultati da parte di tutti gli attori coinvolti nel sistema formativo locale. Il tempo stringe ed i presidi delle scuole italiane giustamente richiedono certezze per poter compiere gli atti organizzativi dovuti ai fini di una gestione “sicura” delle scuole. L’emergenza richiede di porre in essere azioni complesse la cui fruttuosa attuazione non dipende, come ovvio, tanto dall’azione del singolo (il preside, il medico scolastico, il rappresentante del comune, del ministero, ecc..), quanto piuttosto da un impegno di squadra per il bene comune sostenuto da un elevato livello di coerenza delle politiche governative e locali al di là degli schieramenti ideologici.
La piena attuazione dei principi di autonomia e sussidiarietà può rendere maggiormente equo il servizio di istruzione, e dunque produttivo per il sistema economico, a patto che l’intero microsistema formativo integrato che ruota attorno alla singola scuola rendiconti anch’esso il proprio operato. Laddove l’autonomia viene valorizzata a favore del cittadino, equità si concilia con qualità, rendendo così la scuola del proprio territorio sempre la migliore delle scuole possibili anche in tempi di pandemia (Schleicher 2020).
Dopo quasi un anno dalla comparsa del Covid-19 sulla scena mondiale, anche in Italia, il cui sistema di istruzione è purtroppo ancora caratterizzato da forte centralismo, qualche luce di miglioramento è apparsa all’orizzonte. La chiusura della scuola a marzo scorso e la successiva riapertura a settembre hanno ben chiarito a quali condizioni la didattica a distanza possa costituire leva nei processi di apprendimento e pure quanto sia importante il fare scuola in presenza, soprattutto per i più piccoli, evitando di perdere la ricchezza della relazione interpersonale, fondamentale per il processo di crescita della persona umana. Resta però ancora molto da fare a favore della scuola da parte degli attori dei sistemi formativi locali: oltre al necessario coordinamento tra i vari livelli decisionali, ricordiamo la necessità di disponibilità diffusa della banda larga sui territori, come pure la mancanza a tutt’oggi di piattaforme nazionali per l’istruzione on line, ed anche il diritto di poter far scuola in ambienti digitali organizzati in sicurezza in tutte le aree del paese, anche in quelle più a rischio di atti vandalici e criminosi.
A distanza di soli quattro mesi, a fronte di un lungo periodo di intenso sforzo messo in atto dal mondo della scuola, il problema della ripresa scolastica in sicurezza si è di nuovo ripresentato. Questo significa che non si è fatto abbastanza e che è necessaria maggiore coerenza tra scelte a livello centrale e locale. La scuola in Italia deve poter riaprire senza dover scontare ritardi storici in tema di sanità, trasporti, sicurezza e sviluppo dei territori. Un’ulteriore perdita di tempo scolastico e dunque di apprendimenti renderebbe insostenibile l’ingiustizia sociale che ne deriverebbe.
Maria Paola Iaquinta, dirigente scolastica