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Didattica in classe, sei prof su 10 strappano la sufficienza

La didattica innovativa non è il punto di forza dei docenti italiani. E se un’idea ce l’eravamo già fatta da soli in questi 11 lunghi mesi di pandemia, caratterizzati dall’alternanza tra lezioni in presenza e online, adesso arriva anche la conferma. Grazie a una ricerca della Fondazione Agnelli – frutto dell’osservazione in classe su 1.600 insegnanti di 207 scuole elementari e medie realizzata in collaborazione con l’Invalsi – da cui emerge che solo il 23% degli insegnanti osservati possiede «ottime capacità di spiegare in modo strutturato», ossia di
svolgere al meglio la tradizionale lezione trasmissiva dalla cattedra. Mentre gran parte del campione (il 60%) si colloca a un livello sufficiente. Completa il quadro il 17% dei prof che si rivela inadeguato a svolgere anche questo compito di base.

Sufficiente anche la capacità di coinvolgimento degli alunni
Se è vero che l’osservazione si riferisce all’anno scolastico 2013/14 e che la situazione nel frattempo potrebbe essere migliorata, è altrettanto vero che molti di quei prof all’epoca erano supplenti con 8 anni di servizio alle spalle e che adesso presumibilmente sono diventati di ruolo. Dunque, sono ancora operativi nelle nostre aule. Fatta questa premessa, c’è un altro aspetto dell’indagine di Fondazione Agnelli che si rivela attuale. E riguarda il monitoraggio dell’attitudine – da parte della stessa platea – di integrare le spiegazioni “classiche” con la proposta agli studenti di attività di apprendimento ben strutturate (individuali o di gruppo), anche attraverso l’utilizzo di materiali e strumenti didattici (device digitali, risorse laboratoriali) che permettano loro di elaborare il sapere in modo attivo. Mentre il 13% mostra su questo fronte deficit preoccupanti, la grande maggioranza degli insegnanti (stavolta pari al 58% del campione) si colloca in una grande “area grigia”: pur svolgendo le proprie pratiche didattiche in modo adeguato avrebbe comunque ampi margini miglioramento. Unico motivo di conforto è quel restante 29% che dimostra doti eccellenti anche in questo ambito.

Va meglio in matematica che in italiano
Un’altra indicazione interessante contenuta nel report è che i prof di matematica risultano mediamente più efficaci dei loro colleghi di italiano (33% a 25), così come gli insegnanti di scuola primaria risultano in media più virtuosi dei professori delle medie: il 34% si colloca nella fascia di eccellenza nel fornire agli allievi indicazioni sullestrategie e i metodi da seguire (9% in più delle medie, dove si fermano al 25%). Ma anche nei livelli bassi i risultati sono migliori per la primaria, con un 5% in meno di maestri elementari che risulta inadeguato rispetto alla scuola media (rispettivamente 11% e 16%).

La lezione che possiamo trarre dai dati
Un aiuto alla lettura (e all’attualizzazione dei numeri) arriva da Andrea Gavosto che pone l’accetto sull’importanza della formazione dei docenti. A suo giudizio è ragionevole pensare» che i risultati più confortanti ascrivibili ai docenti di scuola primaria «dipendano anche da un diverso percorso di formazione, che dà maggiore rilievo alle conoscenze e competenze didattiche. Come sappiamo, invece, in Italia – aggiunge il direttore della Fondazione Agnelli – ai professori delle scuole medie e anche a quelli delle superiori è stata sempre e soltanto richiesta una buona conoscenza della disciplina, mentre poca attenzione è stata data alla formazione didattica, oggi ridotta veramente ai minimi termini». E proprio questo «errore ripetuto anche nei mesi dilezione a distanza durante la pandemia – aggiunge -ha avuto effetti negativi. Da qui il suo appello- auspicio a investire in innovazione didattica e formazione degli insegnanti con le risorse del Recovery Plan.

di Eugenio Bruno – 3 febbraio 2021