La Corte dei Conti, III Sez. Giurisdizionale Centrale di Appello, con la Sent. n. 17/2021, ha dato il via libera all’attività libero professionale per i prof. precari che, non essendo di ruolo, non sono obbligati a richiedere all’amministrazione autorizzazioni di sorta. Nella specie, i due contratti di cui risultava titolare il prof. indagato dalla Procura contabile, avevano conferito allo stesso due supplenze temporanee su cattedra “a spezzone” (inferiore al monte ore obbligatorio previsto per l’Istituto): per le supplenze “a spezzone” la disciplina sul diritto al “completamento orario” concorre a determinare effettivamente quella non prevedibilità ex ante del monte ore complessivo che il docente potrà prestare nel corso dell’anno, che il giudice ha posto a base della conclusione dell’assenza di colpa grave in capo allo stesso prof.
La vicenda
La Procura Regionale aveva contestato ad un prof. il mancato riversamento, nel conto entrate del MIUR, del corrispettivo degli incarichi di consulenza svolti senza autorizzazione contemporaneamente agli incarichi di docente a tempo determinato conferitegli da diversi Istituti scolastici Superiori. Su denunzia dell’amministrazione, la Procura aveva accertato che il prof. era titolare di partita IVA e aveva emesso fatture per prestazioni di consulenza a favore di una serie di società, che egli ha chiesto l’autorizzazione all’esercizio della libera professione solo qualche anno dopo, e che ha svolto nel periodo dal 2008 al 2013 n.11 attività di docenza per n. 7 istituti scolastici, ciascuna superiore alle 9 ore lavorative settimanali (dunque, al tetto del 50% del monte ore del lavoro soggetto alla disciplina dell’autorizzazione per gli incarichi extra-docenza). Dall’ammontare dell’importo in domanda la Procura ha poi escluso le “consulenze” per le quali ha ritenuto sussistente la prova che fossero state rese solo nel periodo estivo, cioè non in concomitanza con le attività di docenza, e ha determinato il danno in euro 305.803,18 per violazione gravemente colpevole dell’art. 53, c. 7 e 7-bis, del d.lgs. n. 165/2001, per mancato riversamento dei compensi percepiti in mancanza dell’autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza.
In primo grado viene condivisa la tesi del docente: no alla colpa grave
La Sezione regionale ha affermato il principio che un docente che non goda di contratto di lavoro a tempo indeterminato non può sapere ex ante il numero di ore, talvolta rinnovate in corso d’opera) che potrà svolgere per ciascuna delle varie istituzioni scolastiche per le quali lavorerà, essendo evenienza frutto di molte variabili: posizione in graduatoria, tasso di assenze del personale docente, scoperture in organico. Ha quindi escluso la colpa grave del prof. in quanto non sarebbe stato esigibile presentare domanda di autorizzazione “al buio”, senza sapere ex ante se le ore avrebbero superato o meno le 9 settimanali. Inoltre, come rimarcato dalla difesa del convenuto, alcune attività non attengono a incarichi professionali, ma a docenze, liberalizzate ex art. 54, co. 6, d.lgs. n.165/2001 e, come tali, non richiedenti autorizzazione.
L’appello proposto dalla Procura
La Procura regionale della Corte dei conti ha chiesto la riforma della sentenza limitatamente ai compensi fatturati per attività libero professionale contemporaneamente a due contratti di docenza. In via subordinata ha chiesto la condanna del prof. per un importo pari ai corrispettivi per i quali in fattura è attestato il momento di esecuzione della prestazione in costanza del rapporto di pubblico impiego, rilevando:
– che il prof. aveva stipulato per gli aa.ss. 2011/2012 e 2012/2013 due singoli contratti di insegnamento, ciascuno per un monte ore superiore a 9 settimanali e, pertanto, il superamento della soglia del 50% dell’orario di lavoro a tempo pieno per questi anni deve ritenersi certo e prevedibile ex ante;
– che non sussiste agli atti la prova che le attività non autorizzate siano state svolte esclusivamente nel periodo estivo, dovendosi avere a riferimento la data di emissione delle relative fatture;
– che nessuna rilevanza, ai fini esimenti della colpa grave, avrebbe l’inclusione dei compensi nella dichiarazione dei redditi, in quanto atto dovuto per legge.
Il prof. ha chiesto il rigetto dell’appello, ribadendo che le prestazioni in contestazione sono state rese tutte in periodo estivo.
La disciplina delle incompatibilità e delle autorizzazioni vale solo per i docenti di ruolo
L’art. 508, c. 15, del d.lgs. n. 297/1994, prevede che “Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.” L’art. 6, c. 2, del d.P.R. n. 117/1989 prevede che il personale a tempo parziale può “previa motivata autorizzazione dell’amministrazione o dell’ente di appartenenza” effettuare altre prestazioni di lavoro che non arrechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incompatibili con le attività di istituto della stessa amministrazione o ente.
Lo svolgimento di attività libero professionale nel periodo estivo
Come correttamente rilevato anche dal giudice di primo grado, la permanenza dell’obbligo di autorizzazione nel periodo estivo anche nel regime di lavoro part-time si collega alla ratio, di cui all’art. 53, comma 7 e ss. del d.lgs. n. 165/2001, di consentire all’amministrazione il vaglio di compatibilità delle attività extra lavorative rispetto allo status di dipendente, che non si perde in tali tipi di contratti, e rispetto agli interessi della struttura potenzialmente lesi dalla sua attività extra lavorativa, e tali esigenze permangono nell’intero arco temporale e dunque anche durante il periodo feriale.
La disciplina valevole per i docenti a tempo determinato
La riportata disciplina generale delle incompatibilità e delle autorizzazioni riguarda i docenti di ruolo (con contratto a tempo pieno o in part time) ma non i docenti a tempo determinato, cioè i supplenti, per i quali deve aversi riguardo alla disciplina della supplenza (L. n. 124/1999, art. 4): prevede, oltre le “supplenze annuali”, le “supplenze temporanee” (disposte per la copertura “delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico” o “fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario”, cioè fino al 30 giugno, o disposte negli “altri casi in cui si renda necessario”). La docenza con termine al 30 giugno dell’a.s. si discosta non solo dalla docenza a tempo indeterminato (sia pure in part- time), che non rientra nell’ambito delle supplenze, ma anche dalla “supplenza annuale” (la quale estende l’impegno del docente anche oltre il termine delle attività didattiche, sino al 31 agosto dell’a.s., e copre pertanto anche il cd. “periodo estivo”).
Corte dei Conti in sede d’appello: sì all’attività libero professionale per il prof. precario
Le fattispecie portate all’attenzione del giudice di appello, sono due contratti a scadenza il 30 giugno dell’a.s., che, anche se con orario part-time non ridotto (11 ore), costituiscono due “supplenze temporanee”, soggette alla peculiare disciplina sopra menzionata. Inoltre, i due contratti in esame conferiscono due supplenze temporanee su cattedra “a spezzone” (inferiore al monte ore obbligatorio previsto per l’Istituto), particolare tipologia di supplenza disciplinata diversamente a molteplici effetti che ulteriormente caratterizzano questo tipo di rapporto, scostandolo ancor più non solo dalla docenza (anche part-time) a tempo indeterminato, ma anche dal generale tipo di supplenza. In particolare, per le supplenze “a spezzone” la disciplina sul diritto al “completamento orario” concorre a determinare effettivamente quella non prevedibilità ex ante del monte ore complessivo che il docente potrà prestare nel corso dell’anno, che il giudice di prime cure ha posto a base della conclusione dell’assenza di colpa grave in capo al prof.
Corte dei Conti in appello: il supplente “a spezzone” può svolgere consulenze senza chiedere autorizzazioni all’amministrazione
Considerato quanto sopra, l’appello è infondato atteso che la mancanza di colpa grave, che costituisce il nucleo della statuizione di assoluzione del prof., deve senz’altro essere confermata perché in ragione delle specificità sopra esposte non può dirsi che il prof. versasse in colpa grave nel non aver richiesto ad ogni singolo Istituto l’autorizzazione per svolere attività di consulenza, e ciò sia in periodo estivo che in corso di rapporto, sì che la questione se questa sia o meno stata svolta in periodo estivo rimane irrilevante.
Di Laura Biarella – 11 febbraio 2021