Minori sempre più piccoli compiono atti criminali, dilaga l’alcolismo fra i tredicenni. È un fallimento educativo che priva l’Italia di ogni futuro.
“Non facciamo della psicologia, non diciamo che a questi ragazzini manca affetto, che la famiglia è assente, non tiriamo in ballo la pandemia e i danni provocati dal lockdown: qua siamo davanti a dei ragazzi mal-educati, con il trattino, cioè non educati bene”. Paolo Crepet, psicologo specializzato in problematiche educative giovanili, non ammette giustificazioni, davanti a una situazione che lui annunciava già, dice, vent’anni fa. Una realtà che oggi è sempre più allarmante, con l’abbassarsi dell’età dei protagonisti di gesti di criminalità, stupri, alcolismo fino al coma alcolico a 14 anni. Ragazzini e ragazzine di 12 e 13 anni che derubano loro coetanei senza piani prestabiliti, strappano catenine o cuffiette, minacciano le loro vittime se denunciano l’accaduto ai genitori. Un clima di terrore avvalorato dal fatto che sanno di essere impunibili per legge e hanno dei genitori che minimizzano, che accusano le autorità di perseguire “delle ragazzate”. “Che ognuno si prenda le sue responsabilità” dice ancora Crepet “personalmente sono stufo di ripetere cose che dico ai genitori di tutta Italia girando nelle scuole da anni e che si rifiutano di fare perché costa loro troppa fatica dire al figlio di 13 anni tu alla sera non esci di casa”.
Siamo davanti a episodi sempre più sconcertanti a opera di ragazzini sempre più piccoli: non sono baby-gang, agiscono a caso, senza alcuna concezione di male o bene. Cosa sta succedendo?
Sono cose di cui mi occupo da 25 anni. Non mi meraviglio più, anzi mi meraviglio che casi del genere siano ancora così pochi. Con i genitori che ci sono oggi me ne meraviglio, mi sorprendo che qualcuno si fidi ancora di andare nel centro di qualsiasi città. Se avessi un figlio di quella età o che va in discoteca sarei terrorizzato. Ci sono moltissime ragazzine che ci vanno con il coltello.
Infatti, questo è il quadro. C’è evidentemente un vuoto educativo, o no?
25 anni fa dissi di abbassare la maggiore età, da 18 a 16 anni, in modo che fossero penalmente punibili i più giovani e si rendessero più responsabili. Oggi direi di abbassarla fino ai 13 anni ma già allora si misero tutti a ridere. Sono stufo, non so sinceramente cosa più dire. Non gliene frega niente a nessuno, dalla politica ai giornali.
Ma è un problema politico? O è piuttosto educativo?
Siamo chiari: i genitori che abbiamo avuto noi che oggi abbiamo una certa età, non ci sono più. I genitori di questi tredicenni si arrabbiano se la polizia li convoca. La scuola è fallita, la famiglia è fallita. Non c’è molto altro da dire. Ho scritto quasi venti libri su questi argomenti, i genitori venivano a sentirmi e a applaudire, dopo di che il giorno dopo si ricominciava come prima perché è faticoso per un genitore dire a un ragazzino a 13 anni “la sera non esci”.
Avrà però incontrato dei casi positivi? Ci dica a cosa dobbiamo guardare per far fronte a questa situazione.
Ma certo, casi positivi ce ne sono, non stiamo parlando del cento per cento dei ragazzi italiani. Il problema è che i casi di cui stiamo parlando non sono eccezioni, non sono due o tre, basta andare nel centro di una qualunque città a una certa ora e si vede cosa succede. Io mi appello al capo del governo perché questo è un problema economico.
In che senso economico?
Questa generazione qua non sarà nulla in futuro, venderà l’Italia al primo acquirente.
Perché hanno troppi soldi a disposizione?
Poco.
Lei è un buonista. Diciamo che non studiano niente, sono sempre promossi perché la scuola funziona così, si promuovono tutti. Se fanno una università dopo alcuni anni mollano e non sanno fare niente, per questo dico che è un problema economico, è una bancarotta. Siccome oggi l’unica cosa che interessano sono i soldi, traduco tutto in termini economici.
Ci spieghi meglio.
Questa generazione non salverà nulla. Se un padre di 45 anni ha un’azienda o un negozio, se deve lasciare a un figlio quella attività rischia fortissimamente di finire. Mi dicono che sono un pessimista, ma mi fanno ridere. Questa è la realtà.
Le dico questo: il Piano nazionale di ripresa (Pnrr, ndr) ha stanziato 4 miliardi per la scuola; bene. Quei soldi andrebbero impiegati in tutte le scuole di ogni grado e ordine. Gli insegnanti andrebbero pagati meglio e pagati secondo il merito. Toglierei immediatamente quella norma terrificante che fa sì che ogni scuola venga giudicata dal numero dei promossi ed eliminerei la possibilità del genitore di andare a parlare con gli insegnanti. Si immagina cosa direbbero i sindacati? Farebbero le barricate.
E le famiglie? Ci sono situazioni molto disagiate, non è che questi ragazzini esprimono in queste maniere estreme una mancanza affettiva, la mancanza di figure autorevoli?
Da psichiatra mi rifiuto di fare psicologismo davanti a queste cose. Non sono adolescenti in cerca di affetto, non diciamo bestemmie. Sono mal-educati e quindi dipende dall’educatore. Che ognuno ora si assuma le sue responsabilità.
Le autorità, cosa possono fare invece?
Non fanno nulla per evitare che nella piazza centrale della città si venda alcol ai minorenni. Vuol dire che al sindaco va bene così, per evitare di perdere voti.
Non riescono neanche a fermare i cortei dei no vax.
Certo, perché se no il sindaco perde i voti. Figuriamoci se fermano il barista che dà il gin tonic a una 14enne. Ci sono ragazzini che vanno in coma etilico, provi a vedere negli Stati Uniti se succede una cosa così, la licenza al barista viene tolta subito. Certo ci sono problemi anche lì, ma almeno ci sono regole di base. Da noi non c’è nessuna regola. Anzi adesso c’è la paranoia perché, poveri ragazzi, sono stati in casa un anno per il lockdown. Non diciamo fesserie e facciamo meno vittimismo.
Tutta questa paura di imporre regole è figlia del ’68?
No.
Eppure l’autoritarismo è stato combattuto, e anche a ragione. Non ne stiamo vivendo le conseguenze?
Io sono parte di quella generazione, avevo un padre che non era fesso. Non è che nel ’68 facevi quel che volevi; mangiavi la pizza il sabato sera e alle dieci dovevi tornare a casa. E poi abbiamo detto anche cose intelligenti. Magari non io, ma Sartre sì.
(Paolo Vites)