DODICENNE PICCHIATO PERCHÉ EBREO. Basta col buonismo a ogni costo di genitori e prof. Due ragazzine picchiano un dodicenne perché ebreo. Un episodio sconcertante, che la dice lunga sull’attuale diseducazione e irresponsabilità di scuola e famiglie
Per favore, basta. Basta col buonismo che nulla c’entra con la bontà e che è invece figlio degenere di tutti gli -ismi della storia. Anche di quella recente, che ha trasformato i nostri figli-nipoti-alunni in pupazzi senza spina dorsale. Il fatto di Campiglia Marittima, una sessantina di chilometri da Livorno, dove un dodicenne è stato insultato e picchiato da due ragazze quindicenni perché – questa la denuncia del padre ai carabinieri – di religione ebraica, cozza violentemente contro tutti i progetti educativi messi in atto nell’ultimo mezzo secolo in ambito familiare e scolastico.
L’evidenza è sotto gli occhi di tutti (almeno di tutti coloro che vogliono vedere: per gli altri c’è solo il buio oltre la siepe dell’egoismo): minorenni vezzeggiati, coperti di beni materiali, abituati a disprezzare quello che possiedono perché non ne conoscono il valore, abituati a non distinguere bello da brutto, vero da falso, in una poltiglia diseducativa in cui tutto è uguale a tutto. Male ha fatto la sindaca di quel Comune, pur nelle pronte e apprezzabili dichiarazioni pubbliche con cui si è indignata per l’accaduto, a richiamare in primo luogo la scuola alla sua responsabilità. Male per due motivi.
Anzitutto perché la scuola è sempre più un’agenzia dis-educativa, in cui si insegna tutto e il contrario di tutto, in cui i docenti subiscono qualsivoglia decisione calata dall’alto. Come quella – straordinariamente assurda, eppure varata da tutti i partiti, nessuno escluso, che in questi giorni sono impegnati nel balletto del voto per il presidente della Repubblica – di imporre in tutte le scuole di ogni ordine e grado l’ora settimanale di educazione civica o come diavolo l’hanno chiamata. Assurda perché non è con un’ora alla settimana, strappata a viva forza alle altre discipline, che si insegna come stare in società. Un francobollo appiccicato per mettersi a posto la coscienza. Una “cura palliativa” che non può fornire alcun risultato positivo, specialmente dopo decenni in cui le promozioni sono regalate come le caramelle e agli studenti non viene più insegnata – a partire dal ciclo elementare – la fatica dello studio, così che esso ha perso valore e considerato inutile alla crescita e alla maturità della persona. Voce di uno – ma in realtà siamo in tanti – che grida nel deserto.
Il secondo motivo di errore della sindaca è stato richiamare la scuola prima della famiglia, quasi che l’insegnante debba sostituirsi a mamma e papà o, peggio, a genitore 1 e genitore 2, in una confusione e sovrapposizione ed esclusione di ruoli che fa male a tutti, a cominciare dagli stessi minori che non sanno più chi è la persona autorevole cui riferirsi. Ogni docente sa quanto difficile sia rapportarsi ogni giorno di più con le famiglie. Pronte a defilarsi dietro la scusa degli impegni (in quante partecipano alle riunioni coi professori, anche se organizzate in orari serali o al sabato?), ma che si fiondano in presidenza se appena il docente mette una nota o appioppa un voto negativo.
Si dirà che proprio per questo la scuola deve supplire, mentre è proprio supplendo (tranne, ovvio, in casi di vero e proprio abbandono del minore) che si inducono mamma e papà a delegare, a fuggire dalle proprie responsabilità, in definitiva a nascondersi. Genitori che non sanno più educare e che perciò “mollano la presa” a chi dovrebbe farlo per mestiere. Persino un atto semplicissimo e indolore come l’inoculazione del vaccino anti-Covid è stato trasformato – con tanto di esposizione massmediatica – in un circo, dove pagliacci e saltimbanchi tengono allegri i bambini terrorizzati da un prelievo che fa meno male di un pizzicotto (scusate, ma le generazioni di bimbi con le loro somministrazioni anti-poliomielite eccetera come avranno fatto a non morire di terrore?).
Cresciamo da decenni figli fragilissimi e, proprio per questo, incapaci di gestire le proprie pulsioni, di affrontare problemi in linea con la loro età, di suddividere banalmente il bene dal male anche quando sono chiari come il sole. Il fattaccio di Livorno non è che la punta dell’iceberg: bande di minorenni scorrazzano per le città a tutte le ore del giorno e della notte sapendo bene che né la legge, né tantomeno i genitori li puniranno; compagnie di ragazzi che, privi di patente (il fatto è di pochi giorni fa nel bresciano), si schiantano contro un autobus e muoiono sul colpo; canali social diventati luoghi per un bullismo senza confini e senza pietà.
Le cronache rigurgitano di notizie del genere. Viene da chiedersi: le due minorenni che hanno confuso vittime storiche e carnefici, ebrei e nazi-fascisti sono mai state messe di fronte alle loro responsabilità di figlie e di studentesse? Credo per esperienza di no. Basta, dunque, col buonismo che tutto copre e giustifica. Altrimenti la storia – proprio quella che ricordiamo in questi giorni – è destinata a ripetersi. Segnali in tal senso sono già evidenti.
– Riccardo Prando (Insegnante e giornalista)