Insegnanti, aperta la partita del rinnovo: si parte da 90 euro
Tra i fondi già previsti in manovra e altre risorse nel mirino, tra cui quelle della formazione incentivata, il ministro Patrizio Bianchi punta a superare la soglia di 100 euro (n.d.r. LORDE)
Corsa contro il tempo per assicurare a 850mila insegnanti italiani il famoso aumento a “tre cifre” che aspettano da quattro anni e tre governi. Incluso l’esecutivo guidato da Mario Draghi, che – a un anno dalla firma a palazzo Chigi del “Patto per la scuola” – è pronto a firmare il tanto atteso rinnovo del contratto per il maxi-comparto Istruzione e Ricerca.
Si punta a superare quota 100 euro
Per ora l’asticella degli aumenti dovrebbe fermarsi a 90 euro, ma tra fondi già previsti in manovra e altre risorse nel mirino, tra cui quelle della formazione incentivata, il ministro Patrizio Bianchi punta a scavallare quota 100 per molti prof. Con un obiettivo politico a breve termine ben delineato: evitare lo sciopero generale di categoria previsto per lunedì 30, o quanto meno minimizzarne l’impatto.
Un primo incontro sul rinnovo è andato in scena all’Aran, guidato da Antonio Naddeo, martedì 17 maggio. Sul tavolo il nuovo Ccnl 2019-2021 che riguarda un maxi bacino con 1,2 milioni di addetti, tra cui, come detto, gli 850mila docenti (precari inclusi). La partita più delicata riguarda gli incrementi economici: con le risorse a disposizione stanziate “in progress” dalle tre ultime leggi di Bilancio, vale a dire poco più di 2,1 miliardi per il settore, si arriverebbe, secondo i primi calcoli di governo e sindacati, a riconoscere al corpo docente un incremento del monte salari 2018 del 3,87%. Parliamo cioè di circa 90 euro medi di aumento lordo mensile, in pratica 50-55 euro netti in più al mese in busta paga, per un settore che, con poco più di 30mila euro lordi di retribuzione media annua secondo l’ultimo conto Aran, occupa i bassifondi stipendiali del pubblico impiego.
Il nodo degli arretrati
Al netto delle risorse per gli arretrati (ancora da quantificare), verrebbe ricompreso nell’aumento il cosiddetto elemento perequativo da 11,50 euro medi previsto dal precedente Ccnl 2016-2018 firmato da Valeria Fedeli. In quel caso erano stati garantiti ai prof aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (da 80,40 euro minimi a 110 massimi, in base ad anzianità e grado di scuola).
A questi 90 euro lordi medi, tuttavia, va aggiunta l’operazione “taglia-cuneo”, confermata nel 2022 (il taglio di 0,8 punti dei contributi fino a 35mila euro, ma che ha portato nelle tasche dei diretti interessati cifre piuttosto basse). Senza contare che a luglio c’è la misura “una tantum” decisa dal governo di 200 euro anti-crisi.
La cifra di 90 euro di aumento medio mensile è considerata da forze di maggioranza e sindacali una “cifra di partenza”, tant’è che è già iniziata la caccia a possibili fondi aggiuntivi per arrivare a superare l’asticella dell’incremento “a tre cifre”. Il governo per ora è cauto. Escluso lo stanziamento di nuove risorse solo per la scuola, l’unica strada restano i fondi già di titolarità Istruzione. In quest’ottica si starebbe guardando (ma non senza difficoltà tecniche) al fondo per la valorizzazione della professione docente, il cosiddetto fondo Fedeli, da 300 milioni dal 2022 (da cui, però, il Dl 36 ha stornato il 10% per valorizzare i docenti che hanno garantito, durante la pandemia, la continuità didattica). I restanti 270 milioni, sottolineano fonti sindacali, potrebbero (Mef permettendo) essere utilizzati per incrementare la dote per il rinnovo (per i professori). Per gli Ata, il personale tecnico-amministrativo, risorse aggiuntive sono previste dalla manovra 2022, legate alla revisione dei sistemi di classificazione: fino a un massimo dello 0,55 del monte salari (secondo primissimi calcoli sindacali si tratterebbe di 10-12 euro aggiuntivi). Gli stessi che si cerca di portare a casa per i docenti così da superare la soglia psicologica (e politica) dei 100 euro. Una parte del sindacato ha avanzato anche la proposta di utilizzare per il contratto i fondi della Card formazione docenti (circa 300 milioni).
Le tensioni politiche
Far salire l’aumento sopra i 90 euro è sempre più quindi “questione politica”. Una fetta della maggioranza e i sindacati guardano anche alla dote del nuovo sistema di formazione incentivata – poco amato – previsto dal decreto 36, che fa nascere un fondo da 20 milioni dal 2026, poi crescente fino a raggiungere i 387 milioni a decorrere dal 2031. Si vuole rimettere questi fondi tutti in contrattazione. A parte che il Dl 36 è attuativo del Pnrr, ci sono poi ostacoli tecnici: in sede di prima applicazione, l’una tantum legata alla formazione dovrà andare al 40% dei docenti (e non quindi a tutti); e poi le risorse partono dal 2026 (il rinnovo del Ccnl è invece 2019-2021).
La partita, insomma, è aperta, se si riuscissero a trovare fondi aggiuntivi si potrebbe arrivare a 102-105 euro di aumento. Decisivo, in un senso o nell’altro, potrebbe essere il prossimo round all’Aran in agenda tra giovedì e venerdì prossimo (a pochi giorni dallo sciopero del 30).
di Eugenio Bruno e Claudio Tucci – www.ilsole24ore.com
23 maggio 2022