Fonte: La Tecnica della Scuola – Alessandro Giuliani – 21/04/2023
Ha scatenato reazioni a raffica l’azione della procura europea che ha portato agli arresti domiciliari, con l’accusa di corruzione e peculato, della dirigente scolastica Daniela Lo Verde dell’Istituto Comprensivo Giovanni Falcone di Palermo, fino a ieri considerata una preside paladina della legalità e premiata nel 2020 anche col titolo di Cavaliere al Merito della Repubblica. C’è chi si è lasciato andare a conclusioni probabilmente semplicistiche, associando la grave accusa alla preside siciliana, supportata da registrazioni con telecamere nascoste, all’eccesso di potere che avrebbero i dirigenti scolastici.
A pensarla così da tempo è Adriano Fontani, maestro senese licenziato nel 2017 dopo due provvedimenti disciplinari nei suoi confronti prodotti tra il 2005 e il 2009: il maestro, fondatore del Comitato nazionale contro mobbing-bossing scolastico sostiene che “la notizia secondo cui è stata una ex maestra a denunciare e far arrestare per peculato, ruberie e corruttela la dirigente scolastica della sua scuola nel quartiere Zen di Palermo, conferma in pieno ciò che denunciamo da oltre tre lustri: lo strapotere legale, cui si somma quello reale, di cui godono oggi i dirigenti degli 8.136 feudi scolastici del ministero dell’Istruzione che genera un livello altissimo di omertà dentro le scuola e che dà a loro certezza di impunità e ai docenti-sudditi certezza di persecuzioni, mobbing, calunnie e delegittimazioni nel caso venisse loro la voglia di denunciare abusi, ruberie, corruttele, clientelismi”.
Fontani, dopo avere segnalato recenti casi che “hanno portato in tribunale dirigenti scolastiche a Imperia e a Messina”, fa notare che a Palermo la denuncia è stata presentata da un’ex maestra, che qualora si fosse trovata in servizio “avrebbe subito ritorsioni proprio a causa dello strapotere dei dirigenti scolastici“.
Il maestro senese, che ha sempre fatto risalire i suoi problemi con i dirigenti alle pressioni di un gruppo di Testimoni di Geova dei quali faceva parte e dal quale è poi uscito, ha subìto nel corso della carriera diverse contestazioni, fino al licenziamento: la sua vicenda diventò di dominio pubblico e divenne pure oggetto di iniziative parlamentari.
A pensarla così da tempo è Adriano Fontani, maestro senese licenziato nel 2017 dopo due provvedimenti disciplinari nei suoi confronti prodotti tra il 2005 e il 2009: il maestro, fondatore del Comitato nazionale contro mobbing-bossing scolastico sostiene che “la notizia secondo cui è stata una ex maestra a denunciare e far arrestare per peculato, ruberie e corruttela la dirigente scolastica della sua scuola nel quartiere Zen di Palermo, conferma in pieno ciò che denunciamo da oltre tre lustri: lo strapotere legale, cui si somma quello reale, di cui godono oggi i dirigenti degli 8.136 feudi scolastici del ministero dell’Istruzione che genera un livello altissimo di omertà dentro le scuola e che dà a loro certezza di impunità e ai docenti-sudditi certezza di persecuzioni, mobbing, calunnie e delegittimazioni nel caso venisse loro la voglia di denunciare abusi, ruberie, corruttele, clientelismi”.
Fontani, dopo avere segnalato recenti casi che “hanno portato in tribunale dirigenti scolastiche a Imperia e a Messina”, fa notare che a Palermo la denuncia è stata presentata da un’ex maestra, che qualora si fosse trovata in servizio “avrebbe subito ritorsioni proprio a causa dello strapotere dei dirigenti scolastici“.
Il maestro senese, che ha sempre fatto risalire i suoi problemi con i dirigenti alle pressioni di un gruppo di Testimoni di Geova dei quali faceva parte e dal quale è poi uscito, ha subìto nel corso della carriera diverse contestazioni, fino al licenziamento: la sua vicenda diventò di dominio pubblico e divenne pure oggetto di iniziative parlamentari.