Formazione continua dei docenti, vera parità, libertà di scelta, nuove modalità di trasmettere il sapere, maggiori risorse per ridurre l’abbandono scolastico e per assumere più insegnanti: per Virginia Kaladich, presidente di Fidae, la federazione delle scuole cattoliche primarie e secondarie, sono queste le sfide da affrontare per innovare davvero la scuola italiana, alla luce, da un lato, dei problemi – e delle opportunità – che l’emergenza Covid ha portato a galla negli ultimi due anni scolastici e, dall’altro, delle risorse del Recovery Fund che verranno assegnate proprio all’educazione e all’istruzione.
L’emergenza Covid ha inciso pesantemente sulle lezioni in presenza nelle scuole superiori. Potremmo andare incontro a pesanti conseguenze sul fronte della dispersione scolastica e della povertà educativa?
Sicuramente è un tema a cui tutti, a partire dai nostri governanti, dovrebbero porre maggiore attenzione. Purtroppo quasi tutti gli alunni d’Italia sono in Dad e dispiace che in un anno non si sia riusciti a trovare altra soluzione che quella di chiudere le scuole. Qualche giorno fa il presidente della Cei, il cardinal Bassetti, ha rilanciato un monito che facciamo anche nostro: tutti dobbiamo fare la nostra parte per ricomporre la frattura educativa che si sta creando, e io aggiungo che dobbiamo fare di più di quel che di solito è la nostra parte, se vogliamo davvero uscirne. C’è bisogno di essere presenti, in tutti i modi, di aiutare le famiglie che sono coinvolte in queste giornate di didattica a distanza magari con dei piccoli corsi anche per loro, e poi facciamoci sentire con i ragazzi, diamogli speranza per il futuro, costruiamo insieme una scuola più bella e più aperta all’innovazione e alle nuove sfide.
Come si possono recuperare i gap formativi?
Vedo che c’è tanto impegno da parte del corpo docenti e anche da parte degli alunni e delle loro famiglie, è un bel segnale ma non basta purtroppo: serve un intervento pubblico per cambiare l’istruzione, è l’occasione giusta per cambiare paradigma e per strutturare meglio alcune esperienze fatte in questi mesi. Vanno bene le lezioni frontali, ma si possono arricchire, ad esempio con l’aiuto di contenuti multimediali, con il coinvolgimento di esperti da remoto. E poi dovremmo cercare di uscire di più dalle aule e sfruttare quello che il nostro paese ci offre: durante il lockdown ci siamo accorti di quanti musei all’aperto è ricca l’Italia. Insomma, è il momento di pensare a nuove modalità per trasmettere il sapere.
Dopo la fase sperimentale affrontata durante la prima ondata, come andrebbe strutturata la didattica a distanza per renderla più efficace?
La Fidae, dopo le prime settimane di Dad, ha da subito cercato di dare delle linee guida che potessero rappresentare una garanzia per tutti tanto che, insieme all’Uni-Ente Italiano di Normazione, abbiamo realizzato una Prassi di riferimento utilizzabile da tutte le scuole di ogni ordine e grado. Avere delle regole uniformi per tutti è già un primo passo, ed è anche una garanzia di qualità per le famiglie e gli studenti. Naturalmente bisogna prima di tutto occuparsi della formazione dei docenti, perché il gap, inutile negarlo, c’è anche tra gli insegnanti, tra quelli cioè che già utilizzano piattaforme e strumenti digitali e chi, per una serie di cause, è invece legato al metodo di insegnamento classico. Uno dei punti principali della Prassi è proprio l’istituzione di un referente Dad che possa farsi garante del corretto svolgimento sia della didattica a distanza che della didattica mista, attivando tutti quei processi necessari affinché queste nuove metodologie non facciano più paura, ma rappresentino un arricchimento per il percorso formativo.
Si dice da più parti che la scuola ha bisogno di innovazione. Da dove partire e dove intervenire?
Direi che peggio di questa crisi, come ci ha detto Papa Francesco, c’è solo il fatto di sprecarla. In qualche modo l’emergenza ha scardinato un modello che presentava delle falle: i ragazzi, anche quelli della scuola secondaria di secondo grado, sono nativi digitali e comunicano moltissimo con i nuovi mezzi. Forse era arrivato il momento anche per tanti docenti di aggiornarsi e provare a mettersi in gioco. Oggi diritto allo studio significa anche diritto alla connessione, e la pandemia ci ha fatto capire come non tutto il paese sia raggiunto dalla banda larga e soprattutto come non tutte le famiglie abbiano a disposizione più device. Serve un grande piano nazionale di digitalizzazione che non trascuri tutti quegli alunni portatori di fragilità e di disabilità. Poi credo che sia anche il momento di completare finalmente una vera parità: la legge 62 del 2000 ha sancito una parità che è rimasta sulla carta e che ha bisogno di un’attuazione concreta, soprattutto laddove non ha istituito un’erogazione dei fondi stabile. Solo se tutti insieme camminiamo verso lo stesso obiettivo sapremo rinnovare il sistema scolastico italiano.
Formazione, selezione e retribuzione dei docenti: si può fare di più e meglio?
È il punto di partenza per rinnovare davvero la scuola. Bisogna prevedere una formazione e un aggiornamento continuo per i docenti, senza che per questo vengano persi giorni di lezione. Ad esempio, possiamo pensare di prevedere le giornate di formazione nazionale per tutti i docenti d’Italia, magari nel mese di settembre, prima dell’inizio della scuola. Sarebbe un’occasione unica per iniziare l’anno scolastico con lo slancio giusto e anche per far dialogare chi insegna nella statale con chi insegna nelle paritarie, per mettere in comune le buone pratiche. Come Fidae, poi, stiamo portando avanti una formazione continua attraverso webinar volti soprattutto ad aggiornate tutto il personale sulle nuove sfide che la pandemia ci ha messo di fronte.
Una quota delle risorse del Recovery Plan sarà destinata alla scuola: come valuta le proposte attualmente previste? Come e dove bisognerebbe spendere queste risorse?
Abbiamo dato un’occhiata alle prime disposizioni e ci sembrano condivisibili soprattutto gli investimenti per agevolare l’acquisizione di competenze avanzate per tutte le famiglie. Anche qui aprirei una parentesi sulla libertà di scelta e sul fatto che in Europa siamo ultimi, davanti solo alla Grecia. Ci aspettiamo poi risorse per ridurre l’abbandono scolastico e per assumere più docenti.
L’emergenza Covid ha colpito anche le scuole paritarie, voi però avete denunciato più volte di essere stati dimenticati…
Dispiace dover sottolineare ancora una volta la discriminazione nei confronti degli alunni delle scuole paritarie: il governo infatti, nel recente decreto Sostegni, ha stanziato 300 milioni di euro per le difficoltà legate alla pandemia, destinandoli solamente alle scuole statali. Chiederemo un incontro con il ministro Bianchi, ma siamo delusi perché sembra che ad ogni cambio di governo si debba ricominciare da capo per far capire che dal 2000 il sistema d’istruzione italiano è unico ed è composto da statali e paritarie. Con le altre associazioni, riunite nell’Agorà della parità (Agesc, Cdo Opere Educative, Cnos scuola, Ciofs scuola, Faes, Fidae e Fism-Fondazione Gesuiti Educazione), abbiamo già denunciato questa grave mancanza e ora ci aspettiamo che il Parlamento vi ponga rimedio.
(Marco Biscella)
IL SUSSIDIARIO