La Cassazione interviene sul calcolo della prestazione effettuata anche in base ai contratti a tempo determinato. L’anzianità di servizio maturata dal personale Ata sulla base di contratti a tempo determinato deve essere considerata nella medesima misura prevista per i dipendenti assunti “ab origine” a tempo indeterminato, ai fini della progressione stipendiale e degli sviluppi di carriera.
Ad imporlo è la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto di lavoro a tempo determinato, recepito dalla Direttiva 99/70/CE. Ciò vale anche nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro precario sia anteriore all’entrata in vigore della normativa europea, in quanto senza una espressa deroga il diritto Ue si applica anche «agli effetti futuri delle situazioni sorte nella vigenza della precedente disciplina», fermo restando che la parificazione può riguardare i trattamenti economici spettanti successivamente all’acquisto di efficacia nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria.
L’ordinanza
A dirlo è la Cassazione (ordinanza 37272) aggiungendo un ulteriore tassello al tema del cosiddetto servizio preruolo del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola. Il calcolo dell’anzianità in favore del personale Ata assunto inizialmente con contratto a tempo determinato dovrà perciò tener conto anche di quella maturata prima dell’entrata in vigore della suddetta direttiva, in relazione ai trattamenti economici spettanti a partire da quanto il diritto Ue ha acquisito efficacia interna. Cassata con rinvio, pertanto, la decisione della Corte d’appello che non solo non aveva riconosciuto l’anzianità maturata dalla ricorrente prima dell’attuazione della suddetta direttiva, ma aveva addirittura integralmente escluso la valutazione della progressione di anzianità maturata durante il precariato, statuendo in senso diametralmente opposto all’orientamento ormai costante della giurisprudenza di legittimità.
da Il Sole 24 Ore
di Andrea Alberto Moramarco