Lo studio, riferito al 2020/21, riguarda le diverse dimensioni dell’organizzazione scolastica.
INDIRE ha pubblicato la prima parte dell’indagine Impatto della pandemia sulle pratiche didattiche e organizzative delle scuole italiane nell’anno scolastico 2020/21. Il lavoro intende analizzare l’andamento della didattica nel corso delle varie fasi della pandemia, caratterizzata da momenti di chiusura forzata e da un numero rilevante di studenti e docenti in quarantena.
L’indagine è stata condotta attraverso un questionario online rivolto a un campione selezionato di 2.546 docenti a tempo indeterminato, non di sostegno. Di questi, 1.994 sono donne e 552 uomini; il 26,8% fa parte della scuola primaria, il 20,3% della scuola secondaria di primo grado e il restante 52,9% della scuola secondaria di secondo grado. Il 38% ha un’età compresa tra i 44 e i 55 anni. A livello geografico, il 20,1% è del nord ovest, il 26,7% del nord-est, il 17,4% del centro, il 35,8% del sud e isole.
A differenza del primo lockdown, nella primavera 2020, in cui la chiusura totale delle scuole ha condotto all’attivazione della didattica a distanza (DaD) come unica modalità di interazione tra i docenti e gli studenti, nell’anno scolastico 2020/21, a seguito delle diverse ondate della pandemia e delle misure anti-Covid previste dai vari decreti, si è diffusa la didattica digitale integrata (DDI) come modalità complementare – e non alternativa – alla presenza.
Gli insegnanti hanno fornito informazioni sulle diverse tipologie didattiche messe in pratica insieme ai loro alunni (in presenza, a distanza, ibrida o alternata), sulla frequenza, sul tipo di conduzione delle attività in relazione alle dinamiche di classe e sulle strategie applicate.
Tra le dimensioni osservate nell’indagine INDIRE, l’uso della tecnologia (app, software e ambienti digitali), gli spazi adottati (ambienti diversi da quelli convenzionali, corridoi, palestre, parchi o teatri), i contenuti e il curricolo, l’organizzazione e la leadership scolastica (ruoli e gestione della crisi pandemica), la collaborazione con altre scuole e con soggetti esterni sul territorio, la valutazione (rilevazione, feedback e condivisione dei processi valutativi), la formazione (esperienze realizzate e loro utilità per lo sviluppo professionale).
L’indagine non è da intendersi come esaustiva della complessità vissuta in questo ultimo anno, ma rappresenta una prima analisi, che avrà ulteriori sviluppi, da cui poter far emergere delle riflessioni in merito a soluzioni didattiche e organizzative adottabili in futuro.
Nel corso dell’a.s. 2020/21 c’è stato un tentativo di ritornare alla normalità in presenza, dopo la fase più dura di lockdown, attestato dalla modalità didattica maggiormente praticata dai docenti italiani, la didattica in presenza (72,1%). Emerge, tuttavia, la portata del cambiamento “forzato” del modo di fare scuola che ha condotto la maggioranza degli insegnanti italiani a sperimentare con frequenza la didattica a distanza (68,6%), mentre quasi la metà ha optato per la didattica ibrida (48,2%) e quella alternata (45,2%).
A livello di metodologie, facendo riferimento alle Linee Guida della Didattica Digitale Integrata del MI per l’anno 2020/21, emerge come nel corso della pandemia siano state ampiamente utilizzate dai docenti metodologie didattiche innovative e interattive, quali il Project-Based Learning, la Flipped classroom, il Debate, l’Apprendimento cooperativo, la Didattica breve, che erano tra quelle raccomandate dal Ministero. Alcune di esse, tuttavia, erano già adottate anche prima della pandemia. Tra i task osservati, l’indagine ha approfondito anche le dinamiche relative all’uso della telecamera accesa nei vari momenti dell’attività didattica e alle strategie per il coinvolgimento e la motivazione degli studenti nelle lezioni a distanza.
In merito alla frequenza di utilizzo delle risorse didattiche, l’uso di supporti e risorse per la didattica, pur con qualche cambiamento rispetto a prima della pandemia, sembra non aver intaccato il primato detenuto dal libro di testo, che risulta ancora essere tra le risorse più frequentemente utilizzate. Nella scuola primaria, il 53,9% dei docenti l’ha utilizzato “sempre” e nel 39,7% “spesso”; nella scuola secondaria di primo grado, le percentuali sono rispettivamente del 49,3% e del 38,5%, mentre nella secondaria di secondo grado sono del 46,8% (“sempre”) e del 38,4% (“spesso”). Le risorse didattiche utilizzate nella scuola primaria dalla maggioranza dei docenti comprendono, oltre al libro di testo, contenuti digitali o espansioni digitali dei libri di testo, contenuti scannerizzati provenienti da altri libri di testo, contenuti digitali autoprodotti per le lezioni, contenuti provenienti da fonti informali, contenuti provenienti da spunti educativi offerti da webinar o da altre iniziative di formazione.
di Luca Rosetti