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RIFORMA ITS

La riforma degli Its è ormai prossima al traguardo. E sul piatto ci sono 1,5 miliardi del Pnrr. Ecco come non sprecarli

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Dopo una lunga gestazione, la riforma degli Its, un centinaio di academy post-diploma ad alta specializzazione tecnica e tecnologica, presenti in Italia da 15 anni, dovrebbe arrivare a giorni in Senato e poi passare alla Camera per una lettura veloce, diventando così legge a tutti gli effetti. Gli Its, istituti che sanno mescolare la preparazione teorica con la forza delle filiere produttive del Made in Italy e con le nuove frontiere della tecnologia, si apprestano così a fare un salto di qualità.

“E noi vogliamo che gli Its diventino quello strumento che Draghi ha individuato come possibilità di aiuto allo sviluppo del nostro paese” sottolinea Guido Torriellipresidente di Its Italy, l’associazione che rappresenta il sistema degli Its Academy e che fa da punto di riferimento per associati (quasi 100) e aziende con l’obiettivo di promuovere la crescita del sistema, favorendo l’occupazione qualificata e soddisfacendo il fabbisogno di personale altamente specializzato che le aziende chiedono.

Proprio in queste ultime ore siamo finalmente entrati in possesso del testo finale relativo alla riforma degli Its, attualmente al vaglio del Senato. Con soddisfazione posso dire che l’impianto normativo, per come è oggi, ci consentirà di fare degli importanti passi in avanti. Anche grazie all’attività dell’Associazione è stato possibile correggere nell’iter di approvazione alcune storture e alcune criticità, che avrebbero indubbiamente indebolito questa riforma.

Che cosa prevede il testo della riforma?

Sostanzialmente l’identificazione degli Its come percorsi formativi terziari professionalizzanti, che dignitosamente, al pari di università e scuola, assumono un loro ruolo: siamo stati investiti di un titolo, abbiamo la possibilità di fare il nostro mestiere, possiamo contare su una serie di soggetti che ci possono aiutare e soprattutto abbiamo l’opportunità di accedere ai fondi del Pnrr.

A proposito di Pnrr, era l’ottobre 2021 quando Draghi, insediandosi a Palazzo Chigi, aveva ufficialmente promesso 1,5 miliardi di euro a favore degli Its. A che punto siamo?

Il governo ha deciso di stanziare per il quinquennio 2022-2026 un miliardo e mezzo per potenziare i percorsi formativi con nuovi docenti e figure professionali idonee, rafforzando anche la rete fra gli istituti, strutturando il rapporto con i territori e fra Fondazioni Its e Regioni. Ora abbiamo la necessità di un forte investimento iniziale a favore di strutture, attrezzature e laboratori.

Come e dove andrebbero investiti con profitto i fondi del Pnrr?

In fatto di strutture, in questo momento c’è un misunderstanding fra acquisto e ristrutturazione di ambienti che possono essere dati in concessione gratuita dagli enti pubblici. È importante dare visibilità e rendere facilmente identificabili le fondazioni e gli indirizzi formativi dei singoli Its. I soldi del Pnrr servono innanzitutto a questo. Poi, all’interno degli edifici, dovranno essere attrezzate le aule, che oggi hanno costi elevatissimi se vengono allestite per essere tecnologicamente avanzate, e i laboratori, la cui efficienza e il cui aggiornamento vanno costantemente garantiti.

L’obiettivo?

Da un lato, rendere l’offerta degli Its più conosciuta fra i giovani; dall’altro, realizzare un dimensionamento degli edifici tale da poter accogliere quell’aumento di iscritti che noi prevediamo.

Tradotto in numeri?

Oggi abbiamo 5mila diplomati su 7.500 iscritti e in un quinquennio, mantenendo il trend attuale, arriveremmo a 25mila diplomati con 35-40mila ragazzi iscritti. Il nostro obiettivo invece è quello di arrivare a 100mila ragazzi iscritti e a 75-80mila diplomati.

Resta il fatto che 8 italiani su 10 non conoscono gli Its. Come aumentare il numero degli iscritti ai percorsi Its?

Innanzitutto, occorrono dosi massicce di orientamento. Non servono finanziamenti a rivoli a livello territoriale, ma vere e proprie campagne di comunicazione, come le Pubblicità Progresso, che facciano conoscere questi percorsi formativi altamente professionalizzanti. Gli Its devono essere considerati alla pari di qualunque corso universitario.

In seconda battuta?

Servono nuovi docenti. A questo problema, a questa grossa sfida va trovata al più presto una soluzione, perché già oggi più del 50% sono presi dalle imprese.

Quali sono i punti di forza degli Its?

La qualità della preparazione offerta, la flessibilità dei percorsi, un tasso di occupazione dell’80-90%.

La formazione professionale in Italia, però, viene un po’ considerata di Serie B. Come superare questo pregiudizio?

Già oggi la formazione terziaria professionalizzante, da non confondere con la formazione professionale della scuola secondaria, attira sempre più ragazzi dei licei, che prediligono un percorso formativo con gli Its. Molti scelgono gli Its dopo aver sperimentato che l’università non è la propria strada e proprio per questo motivo avevamo auspicato una diversa gestione dell’orientamento all’interno dell’università per i drop out. Il che non vuol dire andare automaticamente in un Its, ma poter offrire il catalogo delle possibilità formative e delle aree tecnologiche offerte dagli Its, favorendo così la scelta dei ragazzi.

Its-aziende-giovani: come si costruisce un buon percorso win-win?

L’idea del percorso win-win penso che sia già insita nel Dna degli Its e dei territori in cui sono collocati. Gli Its che hanno maggiore successo sono quelli che nel territorio possono contare sul maggior numero di imprese che hanno definito figure e competenze di cui hanno bisogno. A quel punto sono loro a costruire con gli Its i percorsi per i ragazzi e il numero di ore di stage che devono svolgere, al fine di rendere il più fluido possibile, una volta terminati gli studi, l’ingresso in azienda. È fondamentale che un Its abbia alle spalle una compagine aziendale forte, così come è importante il territorio con le sue specifiche e consolidate vocazioni imprenditoriali. Ma gli Its non possono attingere solo dai bacini locali, altrimenti rischiano di avere pochi corsi e numeri un po’ bassi: è necessario che la loro capacità di attrazione sia su scala nazionale.

Alla recente fiera Didacta si è parlato molto di Its. Qual è oggi lo stato dell’arte di queste academy post-diploma?

Didacta ha dato molto spazio al dibattito su come saranno gli Its. Per esempio, uno degli incontri più importanti è stato sulla cybersecurity, un campo in cui è auspicabile un maggior raccordo fra Pubblica amministrazione e Its. Oltre alla digitalizzazione, non possiamo dimenticare il tema della sostenibilità ambientale ed energetica, ma anche la meccatronica, la logistica, la bionica.

Digitalizzazione, green, logistica, meccatronica: quale contributo possono dare gli Its per rafforzare la competitività del sistema paese e per combattere l’annoso e gravoso problema della disoccupazione giovanile?

Sono convinto che in tutti questi anni – purtroppo e per fortuna – gli Its sono stati in parte una possibilità di inserimento lavorativo per buona parte di quel tessuto giovanile che non ha successo a scuola o all’università e desidera entrare in modo qualificato nel mondo del lavoro. Nello stesso tempo, però, siamo anche coloro che riescono a formare ragazzi, in breve tempo, con certe caratteristiche ottimali per le imprese e tali da poter produrre valore aggiunto e produttività per il sistema paese, al quale oggi servono quelli che una volta erano gli “operai specializzati”, capaci di far funzionare apparecchiature ad altissima tecnologia.

Che cosa vi aspettate adesso per il rilancio effettivo degli Its?

Dopo la recente e massiccia “santificazione” degli Its, senza i decreti attuativi, che devono arrivare il più presto possibile, rischiamo di non riuscire a mettere a terra questa ingente mole di denaro, perché pagheremmo pesantemente le lentezze della burocrazia. Invece abbiamo bisogno degli strumenti e dei fondi per marciare subito spediti. E uno dei decreti più urgenti e importanti per il futuro degli Its è quello della nuova definizione delle aree tecnologiche.

Perché?

Perché gli Its oggi sono basati su 10-11 aree, divise in 6 gruppi, che sono state definite in un periodo che, vista l’accelerazione delle tecnologie, potremmo definire preistorico. Vanno aggiornate, anche in vista del reperimento delle figure formative che necessitano.

È fiducioso sul futuro degli Its?

Avranno sicuramente successo, ma ho paura che il percorso da fare sia ancora molto lungo e non privo di insidie. Spero, poi, che possa davvero esserci la massima unità di intenti tra tutte le parti coinvolte, evitando rallentamenti o complicazioni. Sarebbe assurdo sprecare quanto di buono è già stato fatto in questi anni.

(Marco Biscella) – IL SUSSIDIARIO – 26 maggio 2022

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