Drin drin… drin drin… Ci siamo, dopo mesi di silenzio il suono della campanella annuncia che la scuola riapre e come diceva VictorHugo: “Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione”.
C’è chi arriva a scuola con entusiasmo, desideroso di rincontrare i colleghi, e chi considera il primo giorno di scuola un incubo.
La mitica campanella scandirà il “tempo scolastico”, caratterizzato anche quest’anno da molte nubi all’orizzonte.
Parafrasando: È fosco l’aere, il cielo è muto, … ti guardo e lagrimo, povera Scuola mia!
Niente di nuovo sotto il cielo settembrino! Situazione di stallo! Come al solito la scuola riparte con i vecchi problemi, così come è accaduto negli anni precedenti, con l’aggiunta però di nuovi: governance centralizzata, logaritmo, carenza di docenti, classi pollaio, ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, concorsi in ritardo, ritardo delle assunzioni, presidi come addetti al customer care, docenti bersagli quotidiani dei genitori, stipendi da fame, contratti da rinnovare…
La scuola è in una sorta di crisi perenne da cui non riesce a uscire, una crisi che si manifesta prima di tutto come un malessere in tutti coloro che hanno a che fare con la scuola, innanzitutto i docenti.
Ci siamo comunque abituati da decenni.
Giustamente il rapporto della fondazione Rocca afferma che nella scuola italiana si son fatte tante riforme ma nessun cambiamento per il capitale umano: ergo inutili se non dannose. Erano solo “toppe”!
Toppe, toppe che si cercano di mettere anche oggi più per “apparire”, per far bella figura, piuttosto che affrontare in profondità le cruciali problematiche che stanno alla radice della crisi della scuola italiana. Ecco allora i provvedimenti superficiali, il proliferare dei “docenti spot”: il docente tutor, il docente orientatore, il docente referente, il docente per le funzioni strumentali, il docente facilitatore, il docente per l’inclusione, il docente interculturale, il docente per il successo formativo, il docente animatore digitale, il docente per l’educazione alla convivenza civile, il docente per l’educazione alla legalità, il docente per una cittadinanza di genere, il docente di educazione sentimentale per il rispetto tra i sessi, il docente di educazione stradale per evitare le stragi notturne, il docente anticamorra, ….
Quando mai vengono affrontati i veri problemi della scuola, quelli strutturali, che investono anche la società e la cultura fuori della scuola e che presuppongono il cambiamento: quali sono i suoi compiti e i modi di adempierli?
Quando mai sono stati affrontate problematiche quali la qualità degli apprendimenti, i programmi di studio obsoleti e troppo teorici, le dotazioni tecnologiche inadeguate, una seria ed efficiente formazione e reclutamento degli insegnanti, la scarsa motivazione dei docenti, l’insuccesso dell’inclusione scolastica, le classi sovraffollate, il cosiddetto ascensore sociale…
Ma la scuola non si muove! non cambia, non guarda al futuro, ha una particolare resistenza a cambiare, continua imperterrita a trasmettere e conservare il passato.
Nel corso degli anni si sono succeduti vari ministri, anche troppi, ma i numeri della scuola non sono cambiati: “7,3 per cento di dispersione implicita (studenti con diploma ma senza competenze), un’età media degli insegnanti che è la più alta d’Europa (50,2 anni), il 15 per cento di differenza nella preparazione tra Nord e Sud, un massimo salariale che si raggiunge dopo 39 anni di professione e soltanto un laureato su 100 che sogna di fare l’insegnante”. UN SUCCESSO!
Un anno fa avevamo accolto con entusiasmo la nomina di un nuovo ministro dell’istruzione. Giuseppe Valditara, appunto il nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito, aveva dichiarato: «La Scuola è il pilastro per un futuro di qualità e successo. Vogliamo creare una Scuola che non penalizzi l’intelligenza pratica, sono contrario alla liberalizzazione di tutti i percorsi. Le materie scolastiche vanno adeguate alle propensioni dei ragazzi: è necessaria una formazione personalizzata, con il docente che sostenga i ragazzi che hanno difficoltà e faccia emergere i talenti».
Ma la scuola vive ancora oggi nella “nebbia” più fitta, che la avvolge integralmente, circondata dal silenzio e dall’indifferenza generale.
Lacosiddetta “call veloce”, l’iter che permetteva di essere assunti con una via più rapida se si accettava di andare a coprire uno dei posti messi a disposizione senza attendere l’esito della graduatoria, è stata un fallimento. In Lombardia su oltre 2.600 posti disponibili sono stati circa cento le richieste di immissione. Chi può accettare di venire dal Sud al Nord quando lo stipendio non è neppure sufficiente per arrivare alla fine del mese?
La situazione degli insegnanti di sostegno continua ad essere drammatica. Nel 2022-23 soltanto 80.672 su186.205 hanno avuto un contratto a tempo indeterminato e così continua il “balletto” del cambio di classe, ai danni di alunni che avrebbero invece bisogno di una continuità didattica.
Tutti i ministri dell’Istruzione hanno promesso la valorizzazione dei docenti e così è stato pure per Valditara: “Spesso è una persona demotivata: per lo stipendio, per lo stress perché quello dell’insegnante è uno dei lavori più stressanti…l’ultimo contratto siglato è il migliore sin qui concluso, è solo il primo passo. Dobbiamo dare altre opportunità come quella del docente tutor, dare loro modo di impegnarsi in attività extracurriculari, al pomeriggio o d’estate, pagandoli, chiedendo qualcosa in più ma dando il giusto corrispettivo perché i nostri ragazzi, i nostri talenti possano diventare linfa vitale del nostro Paese”.
Sogno di una notte di mezza estate, dichiarazioni in libertà o intervista-spot, perché nei prossimi contratti non si andrà oltre 124€ lordi e i 7€ per attività aggiuntive (ad esempio tutor, attività di orientamento).
In attesa del “giusto corrispettivo” del ministro Valditara è solo grazie al personale scolastico, sottopagato, sottostimato e maltrattato, con gli stipendi più bassi d’Europa, che la scuola “regge” ancora nonostante tutto, pur in una situazione kafkiana!.
La scuola è o dovrebbe essere un’istituzione strategica per il futuro del Paese, eppur non si muove, è ferma da vent’anni e i problemi da risolvere tanti: dagli studenti impreparati ai docenti troppo in là con l’età e mal pagati. Il mondo della scuola è statico: niente correttivi, solo indifferenza …
Scriveva Albert Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi.” L’indifferentismo avviene da decenni senza alcuna reazione all’emergenza educativa in atto nella nostra società. Questo colpevole disinteresse, questa profonda sottovalutazione del pericolo, ci ricorda un apologo di Calamandrei: Due migranti italiani attraversano l’oceano su un piroscafo traballante; uno dorme nella stiva, l’altro sta sul ponte; c’è una burrasca, il piroscafo oscilla paurosamente e il migrante spaventato corre nella stiva e sveglia il compagno gridando: “Beppe! Se continua questo mare, il bastimento affonda!”. E l’altro gli risponde: “Che me ne importa, non è mio il bastimento!”.
Nonostante il priore di Barbiana o Mario Lodi o Maria Montessori ci ritroviamo proiettati nella scuola delle competenze (Guai a te se non competi!!!), delle conoscenze nozionistiche di ogni genere, della meritocrazia, inseriti in una società disintegrata assomigliante ad una giungla dove prevale la competizione, l’agonismo, la grinta, l’aggressività.
Si afferma che il percorso di apprendimento di uno studente sia un viaggio “in costruzione”, mutevole, dinamico e non standardizzabile. Poi però si etichetta e standardizza lo studente ed il suo percorso con un voto, che se positivo rappresenta il raggiungimento di buoni “risultati scolastici”, quindi si è una persona intelligente che “farà carriera” ed “avrà futuro”.
Ammonisce Albert Einstein: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”.
Anche Daniel Pennac nel suo Diario di scuola suggerisce: “Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini.”.
Nella maggioranza delle scuole di ogni ordine e grado non si educa più e cara grazia se si riesce ad istruire, perché in generale gli studenti sono impreparati, anche quelli che arrivano a ottenere il titolo di studio: solo nell’ultimo anno, circa la metà dei maturandi non ha sviluppato le competenze sufficienti in italiano e matematica.
Alberto Manzi scriveva: “Educazione… ma che cos’è? Potrei rispondere con le parole dei saggi, con le parole dei pedagogisti… Io, chiedendovi scusa, risponderò con parole mie. Educazione potrebbe semplicemente significare: abitudine a… osservare, riflettere, discutere, ascoltare, capire […]. Detto più semplicemente, prendere l’abitudine a pensare.”
Che abbia ragione Heidegger quando profetizza che solamente un dio ormai potrà salvarci?
In ogni modo abbiamo iniziato un nuovo anno scolastico.
Il celebre maestro e giornalista Alex Corlazzoli ha scritto “Sono più di quindici anni che faccio questo mestiere e non ho mai sentito un collega dire: ‘Che bello rivedersi. Ho voglia di tornare a scuola’. La verità è che nessuno vuole bene alla Scuola. E’ oggi considerata non come una comunità, non come un mestiere che ti dona l’opportunità di crescere insieme a dei bambini e a dei ragazzi; non un luogo dove ridere, dove gioire, dove sognare, dove immaginare”.
Ci sono però colleghi di Alex Corlazzoli che sono felici di tornare a scuola per rivedere colleghi e, soprattutto, gli allievi. Vivono l’insegnamento senza risparmiarsi, con passione ed entusiasmo, ma anche con i loro difetti, che cercano di limare e colmare con una formazione aggiornata e continua. Questa felicità di tornare a scuola “genera” un buon insegnante, un valido formatore. «Qui con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi» diceva don Bosco ai suoi ragazzi.
Ritengo che anche i nuovi dirigenti scolastici assegnati alle scuole di Milano e provincia non possano non condividere il «Qui con voi mi trovo bene». A loro, anche a nome della segreteria e del consiglio provinciali dello Snals di Milano, porgo il benvenuto ed un augurio sincero per il difficile compito che si sono assunti. Assicuro la nostra disponibilità e collaborazione in un clima di sereno confronto e di condivisione.
Auguri di buon lavoro e di un buon anno scolastico ai neo Dirigenti Scolastici e a tutto il personale della scuola milanese, che ogni anno – nonostante tutto – “rinnovano il miracolo del rapporto educativo”.
Giuseppe Antinolfi
Segretario Provinciale
SNALS CONFSAL di Milano