La scuola paritaria sta attraversando molti problemi, ma il ministro sembra essersi dimenticato che il sistema d’istruzione è uno solo, statale e paritario. Tre nodi da affrontare.
di Roberto Pasolini – il sussidiario.net
La situazione che oggi stanno vivendo le scuole paritarie è di sofferenza a seguito di un’impostazione politico-istituzionale segnata dalla ripresa di un ciclo orientato a ridare al sistema scolastico un’impronta statalista, come ho approfondito nel mio ultimo articolo. Una sofferenza vissuta con determinazione, con la voglia di proseguire un’esperienza, il desiderio di dare un servizio di qualità a studenti e famiglie, stringendo i denti per non mollare.
I temi che riguardano il settore delle scuole paritarie che meriterebbero urgente attenzione ed adeguata normativa sono molteplici: legislazione di sistema, mancanza di docenti abilitati, tempi di reclutamento e immissione in ruolo da parte dello Stato, accesso ai Pon, sostegno alla disabilità, autonomia, costo standard, livello contributi, criteri per la loro ripartizione… è impossibile trattarli tutti in un solo articolo. Temi e relative conseguenze che “non fanno notizia”, ma la cui mancata soluzione crea ordinarie e continue difficoltà al settore e di cui ritengo giusto dare conoscenza.
Per questo articolo, ne scelgo solo alcuni a partire da un punto che ritengo la base di ogni decisione politica e normativa: necessità di una legislazione di sistema.
Il 2018 si è chiuso con due provvedimenti: l’anticipo della chiusura delle iscrizioni per l’anno scolastico 2019/20 e l’atto di indirizzo con le priorità politiche per il 2019. Entrambi i provvedimenti hanno l’encomiabile volontà di puntare a una maggior efficienza del sistema, ma hanno il difetto di non considerare che nel sistema, dopo la legge 62/2000, facciano parte di diritto e a pieno titolo anche le scuole paritarie.
L’anticipo della scadenza delle iscrizioni dovrebbe permettere alle scuole statali di organizzare meglio e per tempo l’avvio dell’anno scolastico 2019/20, ma averlo comunicato solo a novembre ha creato qualche problema organizzativo alle scuole paritarie per la presentazione dei loro Piani di offerta formativa (Pof) riducendone le possibilità, oltre a creare pressione ai genitori chiamati alla non facile scelta della scuola verso una decisione più rapida, mentre la scelta per la scuola paritaria richiede tempi adeguati sia per l’impegno economico che le famiglie sono chiamate a sostenere, sia per conoscere meglio le scelte innovative che, come tali, hanno bisogno di maggior approfondimento.
L’atto di indirizzo non fa mai riferimento diretto alla scuola paritaria, e questo comporta che alcuni temi toccati che riguardano anche le scuole paritarie non contengono specifici impegni di soluzione. Ne è esempio l’inclusione dove per garantire maggior continuità didattica e rispondere meglio alle esigenze degli studenti anche delle scuole paritarie occorre risolvere il gap economico oggi esistente. Altre situazioni evidenti sono il giusto incremento dell’attività sportiva a partire dalla primaria, ma l’utilizzo di docenti abilitati all’insegnamento in possesso di competenze certificate comporta inevitabili incrementi di costi per le scuole stesse, di cui bisognerebbe tener conto, o il tema riguardante il miglioramento del sistema di reclutamento. In questo ultimo caso non un’indicazione che si faccia carico della situazione di carenza di docenti abilitati necessari alle scuole paritarie, in aggravamento anche a causa delle ormai costanti e numerose assunzioni annuali in ruolo da parte dello Stato.
Un primo auspicio: si tenga conto delle scuole paritarie, anche da un punto di vista economico nell’attuazione delle priorità indicate e si cominci a emanare norme con una visione di sistema, dopo un confronto anche con le associazioni del settore paritario per valutare gli eventuali effetti collaterali negativi sulle scuole paritarie e attuare tutti i possibili correttivi, prima della loro emanazione.
Un secondo aspetto che voglio trattare riguarda una novità sul tema costi per alunno. Finalmente sono stati resi pubblici dai media i risultati di una commissione istituita dall’ottima preside del Liceo Scientifico statale Leonardo Da Vinci di Milano. Il dato evidenzia che in questo Liceo il costo studente per lo Stato è di 10mila euro. Un dato importante che fa riflettere sull’effettivo costo pro capite per l’istruzione, perché se è di questa entità in una scuola molto ben organizzata come il Liceo Leonardo, si può dedurre che il dato medio nazionale potrebbe essere più elevato.
Due riflessioni conseguenti: la prima riguarda ancora una volta quanto possa essere utile affrontare ed approfondire il tema del costo standard al fine di creare risparmi e rendere più efficiente il sistema; la seconda riguarda le necessità di aggiornamento di un’importante tabella pubblicata dal Mef (decreto 26 giugno 2014) che indica il livello massimo di rette al di sotto del quale l’attività della scuola è considerata non commerciale, qualifica fondamentale per acquisire il diritto ai contributi dello Stato. Per la scuola secondaria di II grado il livello massimo previsto è 6.914,31, molto al di sotto del dato di 10mila euro del Liceo Leonardo Da Vinci.
Un terzo punto riguarda “la telenovela dei Pon”. Dopo anni di attesa e tutte le rassicurazioni avute nel 2018 da esponenti sia politici, sia delle istituzioni, che garantivano la possibilità di finanziarli anche per le scuole paritarie grazie al via libera dell’Unione Europea ai fondi dato dal Commissario Ue alla Concorrenza Margrethe Vestager, durante il recente primo incontro del ministero con i presidenti delle associazioni, con la buona notizia che i nuovi bandi rispetteranno questa indicazione, sono emersi dubbi circa la possibilità di utilizzo del fondo di equità (ca. 7% per ogni bando) costituito a suo tempo dall’allora ministro Fedeli.
Non posso che pensare al titolo di un famoso film “Riusciranno i nostri eroi…” perché quasi di eroismo, di pazienza e determinazione si parla. L’evidente auspicio in questo caso è che si trovi una soluzione equa che riconosca alla scuola paritaria quella pari dignità di cui tanto si parla, ma difficilmente si rende concreta.