Da OrizzonteScuola 10 luglio 2019
La Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 20-03-2019) 26-06-2019, n. 17052 tratta un caso particolare che interessa per i principi di diritto tutti i dipendenti pubblici, ivi incluso, pertanto, il personale scolastico. Cosa accade se in qualità di dipendente pubblico si forniscono informazioni non corrette? Il caso della sentenza trattato offre uno spunto di riflessione più complessivo su tale problematica.
Fatto
La Corte di Appello ha rigettato la domanda di risarcimento danni formulata in primo grado dal ricorrente (ed originariamente accolta dal Tribunale della stessa sede) in relazione ad errate informazioni fornitegli dalla segreteria dell’Università circa l’anno di scadenza dell’iscrizione universitaria e ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale solo in relazione al rimborso delle somme di denaro relative ad alcune annualità di tasse universitarie indebitamente pagate dallo stesso ricorrente Il quale ricorre in Cassazione eccependo quattro motivi. Per i giudici il ricorso è fondato. Ed è stato rinviato per un nuovo giudizio alla Corte d’Appello.
Se le informazioni errate cagionano conseguenze negative, si ha diritto al risarcimento del danno
Nella sentenza si legge che la Corte con la sentenza n. 08097 del 2013 ha ritenuto erroneamente che il giudice territoriale d’appello non avesse ritenuto credibili le dichiarazioni del teste che aveva risposto affermativamente alla domanda se (omissis). si era presentato allo sportello della segreteria universitaria per ottenere informazioni sulla sua situazione didattico-amministrativa e che in detta occasione un dipendente gli rispose che aveva (ancora) un anno per evitare la decadenza dall’immatricolazione e che a tal fine avrebbe dovuto versare le tasse arretrate per gli anni fuori corso e sostenere, sempre entro l’anno, un esame, seppure solo con esito negativo. E’ incontroverso che il ricorrente aveva sostenuto l’ultimo esame universitario in forza dell’originaria iscrizione. Al fine di evitare la decadenza avrebbe dovuto (e potuto) chiedere e sostenere un esame, anche con esito negativo, entro l’ultima sessione utile dell’ottavo anno accademico successivo a quello in cui aveva sostenuto detto ultimo esame, e pertanto nell’arco dell’anno accademico di riferimento. Con ragionamento controfattuale risulta pertanto che se effettivamente egli avesse ottenuto delle informazioni esatte è altamente probabile che avrebbe potuto sostenere, anche se solo con esito negativo (cd. esame suicida, valido ai soli fini dell’interruzione della decadenza) una prova d’esame. Viceversa, essendosi recato a regolarizzare la propria posizione amministrativa soltanto successivamente a causa dell’errata informazione ricevuta allo sportello, da parte del dipendente subì le conseguenze negative derivanti dalla preclusione alla regolarizzazione.
La responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione
Ricordiamo, anche se la questione non riguardava il caso di specie, che il Testo unico del Pubblico Impiego prevede delle disposizioni specifiche in materia di responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l’amministrazione. L’articolo 55 sexies al comma 1 afferma:
La violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, comporta comunque, nei confronti del dipendente responsabile, l’applicazione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento, salvo che ricorrano i presupposti per l’applicazione di una più grave sanzione disciplinare.
Mentre l’articolo 54 comma 3, sempre del DLGS 165 del 2001, afferma che la violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti.
Danno erariale
In base alla dottrina si ha danno erariale indiretto “quando la struttura pubblica ha dovuto operare un esborso verso i terzi (ad es. pazienti o loro eredi) ai quali il dipendente abbia prodotto illecitamente un pregiudizio. Infatti, il cittadino (ad es. il paziente) danneggiato dal comportamento antigiuridico del dipendente pubblico (ad es. del sanitario legato ad una struttura sanitaria pubblica) potrà agire o direttamente verso il dipendente o verso la struttura pubblica.” ( La giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale indiretto nella legge n. 24 del 2017Jacopo Bercelli )
La Sentenza n. 103/2019 del 5 giugno – Terza Sezione giurisdizionale centrale di Appello della Corte dei Conti, rileva, a livello di principio che “il danno erariale viene in evidenza quando per condotte dolose o gravemente colpose dei pubblici agenti il verbale non è notificato tempestivamente. Quando comportamenti omissivi comportano un danno all’Amministrazione comunale”.
La mancata resa del servizio e la qualità del servizio reso
Mentre, la Corte dei Conti, Regione Lombardia, con provvedimento 209 del 2008 specificava che il danno erariale “Consisterebbe, quindi, nel mancato conseguimento dell’obiettivo di legalità, efficienza, efficacia, economicità e produttività dell’azione di una pubblica amministrazione, causato da soggetti facenti parte della sua complessiva struttura ed in essa organicamente ricompresi, i quali, con la propria condotta omissiva o commissiva, connotata da dolo o colpa grave, abbiano inciso negativamente sul funzionamento del servizio apprestato. In tal senso, ricordava l’organo requirente, è stato affermato (cfr. Corte dei conti Sez. Piemonte, sent. n. 138 del 12 giugno 2006) che occorre, in linea sistematica, distinguere l’ipotesi della mancata resa del servizio da quella concernente la qualità del servizio reso. In particolare, la mancata resa del servizio, configurerebbe di per sé un danno manifestantesi nei costi generali sopportati dalla pubblica amministrazione per sopperirvi e nell’alterazione del rapporto sinallagmatico tra resa dell’attività lavorativa ed attribuzione dello stipendio. Peraltro, potrebbe concretizzare disservizio anche la “qualità” del servizio prestato, ove si tratti di attività consistente nell’attuazione di pubbliche funzioni.”