Il principio del concorso di colpa può essere applicato anche nei casi di bullismo.
E’ il principio che emerge dalla ordinanza 22541/2018 della Corte di Cassazione intervenuta a dirimere un caso di reazione violenta, avvenuto a due passi dalla scuola, da parte di un ragazzo bullizzato.
Il ruolo della scuola e quello dei genitori
L’ordinanza, molto lunga e articolata, chiarisce che il principio applicato non può essere considerato valido in qualsiasi caso di violenza ma bisognerà considerare di volta in volta i contesti in cui avviene l’aggressione. A circoscrivere la situazione è proprio il fattore bullismo da cui è scaturita la reazione e l’assenza totale di una presa di posizione dell’istituto scolastico nei confronti dei bulli e contro il fenomeno che ne deriva. La Cassazione ha infatti ritenuto “doveroso che l’ordinamento si dimostri sensibile verso coloro che sono esposti continuamente a condizioni vittimizzanti idonee a provocare e ad amplificare le reazioni” soprattutto nei casi in cui la vittima “venga lasciata sola nell’affrontare il conflitto“.
Il fatto giudicato nei tribunali competenti
Un ragazzo aveva subito continui attacchi di bullismo da parte di un coetaneo contro il quale si è scagliato, sferrandogli un pugno così forte da fargli saltare un dente. Il caso era finito immediatamente sotto la lente dei tribunale dei minori che però avevano deciso il non luogo a procedere, rilevando la presenza della provocazione e ritenendo l’alunno non meritevole di sanzione penale.
I genitori del ragazzo aggredito si sono rivolti al tribunale civile, chiedendo all’aggressore e ai suoi genitori (responsabili del minore) un cospicuo risarcimento danni. E’ stato proprio in primo grado di giudizio che è stato considerato il concorso di colpa a carico della vittima (cioè il bullo) per il quale è scaturita la reazione violenta da parte dell’aggressore (il bullizzato); inoltre, i genitori di quest’ultimo sono stati ritenuti non responsabili del gesto violento, nonostante avessero giustificato la reazione del figlio.
L’ordinanza della Cassazione
Ad entrare veramente nel merito dei principi giuridici della vicenda sono stati invece i giudici di legittimità. In Cassazione, infatti, è stato riconosciuto il concorso di colpa da parte della vittima, ma è stato riconosciuto anche la responsabilità dei genitori dell’aggressore per aver giustificato il gesto violento anziché condannarlo.
In pratica, come si legge anche sul Sole 24 Ore, “la Suprema corte ricorda come per andare esenti da responsabilità i genitori avrebbero potuto e dovuto provare di aver impartito al proprio figlio “un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari”, ovvero di aver “esercitato sul minore una vigilanza adeguata all’età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti”, sicché l’azione violenta del figlio non avrebbe potuto essere imputabile ad una loro negligenza educativa. I genitori, invece, si sono limitati a giustificare l’azione violenta del figlio quale risposta alla serie di soprusi di cui era stato vittima, “dimostrando di non aver percepito il disvalore della condotta del figlio e la gravità del fatto imputatogli”.
Il bullismo secondo la Cassazione
L’orientamento indicato dalla Cassazione sul bullismo è stato molto più articolato. Secondo i giudici di legittimità, in attesa che “si diffondano forme di giustizia ripartiva specificamente calibrate sul fenomeno del bullismo”, vanno condannati sia i comportamenti provocatori, sia quelli di reazione. Tuttavia la causa di una reazione violenta non può essere considerata giudizio di valore, né possono essere mortificate le regole causali. Per questo motivo le situazioni come queste vanno considerate nel complesso quadro in cui si verificano. Tutto ciò deriva dal fatto che “il bullismo non dà vita ad un conflitto meramente individuale“, ma “richiede un coacervo di interventi coordinati“.