In queste ultime settimane la stampa ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla figura del dirigente scolastico, mettendo in risalto che sua figura costituisce una sorta di anomalia nell’ambito della dirigenza pubblica per i seguenti motivi:
• il percorso di selezione e formazione è totalmente differente rispetto a quelli previsti per gli altri dirigenti pubblici;
• tale percorso sostanzialmente è ancora identico a quello seguito dai vecchi Presidi, nonostante la figura dirigenziale richieda maggiori competenze di tipo amministrativo e gestionali;
• le retribuzioni sono più basse rispetto agli altri dirigenti della Pubblica Amministrazione, nonostante abbiano maggiori responsabilità;
• devono gestire rapporti con Enti locali, associazioni e imprese, che spesso generano situazioni di contrasto.
Tutto vero, anzi, a tutto ciò bisognerebbe aggiungere tutti quei nuovi compiti e responsabilità che la sciagurata legge 107 ha assegnato al dirigente scolastico, che deve avere conoscenze e competenze in più aree e dimensioni, oltre alla capacità di leadership ed una competenza relazionale non indifferente.
Tutte queste differenze dimostrano però che la dirigenza scolastica non è assimilabile a quella pubblica, come alcuni vorrebbero. La funzione dirigenziale scolastica ha una sua propria specificità e peculiarità e ciò non sempre è stato colto nella sua pienezza. Per i dirigenti scolastici si deve considerare la professionalità che si esige da loro e le gravi responsabilità che la funzione comporta, come per esempio quella della sicurezza, e pertanto per lo meno la “perequazione retributiva” è un sacrosanto diritto. Ho detto “per lo meno” perché l’essere responsabile della gestione di una istituzione scolastica autonoma non è paragonabile a qualsiasi altro ruolo all’interno della dirigenza pubblica. Il nuovo modello di governance dopo la legge 107/2015, l’enorme ulteriore carico di lavoro, esigono che la professionalità del dirigente scolastico sia riconosciuta e valorizzata a livello retributivo anche oltre alla perequazione tout court.
A nessun altro dirigente pubblico si richiedono competenze diffuse. Il dirigente scolastico è di fatto leader educativo e quindi deve possedere competenze pedagogiche e psicologiche; dirige una comunità composta da studenti, docenti, non docenti, genitori e pertanto deve essere in possesso di competenze relazionali anche per scongiurare gli inevitabili conflitti che sorgono; gestisce il bilancio della scuola e perciò sono necessarie competenze amministrative; nuove disposizioni di legge, spesso confuse, esigono competenze giuridiche; e chi più ne ha più ne metta, perché l’elenco non è esaustivo.
In nessun’altra dirigenza pubblica si verifica il ricorso all’istituto della reggenza delle sedi scoperte di titolare, che costringe i dirigenti scolastici a sdoppiarsi e a gestire anche due istituzioni in reggenza oltre quella di titolarità, con notevole sovraccarico di energie e di tempo, al limite della sopportabilità.
Alla fine di tutto ciò il dirigente scolastico è solo, profondamente solo, perché le responsabilità in definitiva fanno capo esclusivamente a lui; è solo, profondamente solo, data la completa assenza di un vero middle-management, la mancanza di persone a cui delegare alcune aree d’azione; è solo, profondamente solo, nella società, che dà valore ad una persona in proporzione di quello che gli viene riconosciuto in termini economici.
Ed allora diamoci una mossa – come diceva un vecchio film – perché il dirigente scolastico pur facendo fronte a tutto e a tutti non è un Superman con poteri speciali e magici e non vive di solo pane, ma anche … di “companatico” per poter svolgere serenamente il proprio ruolo.
Giuseppe Antinolfi
Segretario provinciale
Snals-Confsal di Milano