Per ripartire occorrerebbero solo tre cose:
- formare più classi in modo da renderle un po’ meno affollate;
- assumere nuovo personale in numero sufficiente;
- disporre protocolli chiari e possibilmente economici per mettere le scuole in sicurezza.
Sulla realizzazione della prima sarebbe occorso un po’ di tempo, ma partendo a maggio quando era ormai chiaro che si sarebbe dovuto modificare gli schemi storici la scommessa era fattibile. Per quanto riguarda la seconda indicazione occorreva uno sforzo economico che parrebbe sostenibile e il terzo punto dovrebbe essere talmente scontato da non essere nemmeno discusso. Insomma, in sei mesi di chiusura, sembrava a tutti che ci fosse stato e ci potesse ancora essere il tempo per escogitare qualcosa di sensato a livello di sistema. Ma tre indicazioni sensate forse erano troppe o troppo poche. Sta di fatto che allo stato sono venute a mancare. Scorrendo, le linee guida ministeriali, si constata che non c’è molto che si avvicini a quanto suggerito, anzi non c’è quasi nulla se non un generico appello alla responsabilità dell’applicazione delle misure di sicurezza, demandata in toto alle scuole, cioè, ai dirigenti scolastici.
Siamo giunti a meno di un mese dalla riapertura delle scuole e a quaranta giorni dalla ripartenza dell’anno scolastico e lo stallo è evidente e pericoloso. «Indicazioni chiare, ma flessibili», aveva detto la ministra in sede di presentazione delle linee guida. “La scuola ripartirà in sicurezza, grazie alle indicazioni date”, ribadisce la ministra in televisione. Ma la sensazione è un’altra. La sensazione è che rischi, problemi e oneri siano stati trasferiti nelle mani del personale scolastico accompagnati da un grido di battaglia assordante: “Arrangiatevi!
Basta dare una scorsa a quanto prodotto nei mesi di giugno e luglio sotto il profilo di ordinanze e documenti ministeriali per accorgersi che il Ministero ha fatto venir meno quell’assunzione di responsabilità che aveva avuto una funzione protettiva nei confronti del lavoro di dirigenti e docenti durante la prima fase dell’emergenza. Gli ottomila dirigenti scolastici italiani e i docenti dei loro staff hanno dovuto immediatamente mettersi al lavoro per inventarsi soluzioni praticabili, contattando autonomamente enti pubblici e privati per reperire spazi aggiuntivi a costi sostenibili e inventandosi ripartizioni e turnazioni degli studenti di ogni singola classe per arrivare ad avere numeri compatibili con la fatidica distanza di 1 metro da bocca a bocca.
Il risultato finale, probabilmente, sarà di una partenza tra mille difficoltà, con scuole costrette alla didattica a distanza e altre alle prese con orari sfalsati fino all’inverosimile. Ma la scuola riaprirà. Scaricando sul personale scolastico e sulle famiglie tutti i problemi che il governo e la ministra non hanno saputo, o voluto, risolvere. Tanto alla fine gli italiani, si sa, sono campioni mondiali di capacità di adattamento e nessuno come loro sa comprendere il significato di un grido di battaglia tanto chiaro:”Arrangiatevi!”
da OggiScuola 3 agosto 2020