Sono stati giorni intensi per coloro che si sono preparati per i concorsi nel mondo della scuola. Come tanti altri docenti, li ho attesi anch’io e mi sono ritrovata, ancora una volta, faccia a faccia con i libri. Lo stupore è sorto in me quando ho ricevuto l’ennesima conferma di quanto la disciplina che insegno e che vivo mi sia entrata dentro e mi abbia forgiata. L’educazione fisica.
Riconosco come tutto l’iter di formazione universitaria e le successive molteplici possibilità lavorative all’interno della scuola italiana di ogni ordine e grado, dalla primaria alla secondaria di secondo grado, mi abbiano permesso di acquisire una mentalità che definirei “allargata”.
Il grande rischio della scuola è quello di voler indicare un orizzonte di interdisciplinarietà, arrivando a far sostenere una prova finale all’esame di Stato al termine del secondo ciclo con tali caratteristiche, senza però riuscire spesso a viverla nella quotidianità. Coi nostri alunni puntiamo a far riconoscere nessi e collegamenti tra le varie conoscenze e i vari ambiti, instillando in loro la capacità di allargare la visione, di cogliere la complessità del reale, mai scindibile o catalogabile in modo settoriale. Eppure, noi docenti, spesso siamo i primi che rischiamo di rinchiuderci dietro ad uno sguardo limitato, ricercando pochi, reali ed efficaci scambi e collaborazioni con i colleghi delle altre discipline.
A volte, mi accorgo di come noi docenti di educazione fisica siamo i primi sabotatori della nostra materia. Ci releghiamo in palestra e non evidenziamo, invece, la forza che ha il sapere che trasmettiamo proprio perché connesso col resto. Forse è necessario cominciare a ricercare più relazioni, in primis tra noi docenti. Le relazioni sono alla base dell’apprendimento e probabilmente siamo i primi a farne meno esperienza. Potremmo cominciare a valorizzare ciascuno la propria disciplina, a farla dialogare con le altre, a programmare assieme nuove unità di apprendimento, per diventare segno di questa connessione che combatte la frammentazione del sapere. Forse dovremmo ricordarci che tutti noi concorriamo a formare il tutto, l’intero, che è questa unitarietà del sapere che può tornare a renderlo affascinante per i nostri ragazzi.
Ciascuno torni a ciò che sa, a ciò di cui ha fatto esperienza e ne cerchi i punti di contatto con le altre discipline. Potremmo provare a metterle quotidianamente in dialogo, con professionalità e utilizzando gli strumenti che già sono a nostra disposizione.
– Laura Giulian – docente di scienze motorie e sportive