Agostino Miozzo, coordinatore del Cts, si dice “solidale con i ragazzi, fanno bene a protestare. Scenderei in piazza con loro”.
“Ho la posta elettronica invasa da messaggi di genitori che mi raccontano le difficoltà e i drammi dei loro figli. Non ci rendiamo conto che la nostra incapacità di trovare soluzioni al problema della scuola sta aiutando a costruire una generazione di ragazzi fragili ed insicuri”. Il giudizio sul ritorno a scuola del coordinatore del Cts Agostino Miozzo, rilasciato a La Stampa, è categorico. Un pensiero non personale, bensì “quello del coordinatore del Cts che riflette il pensiero di tutti i colleghi del comitato e della comunità scientifica internazionale. Il diritto alla scuola dovrebbe essere un imperativo nel nostro Paese ma constatiamo ancora ritardi nell’organizzazione dei trasporti, nello scaglionamento degli orari piuttosto che nelle verifiche sanitarie”.
Solidarietà piena è quella che Miozzo offre agli studenti per questo momento di straordinaria eccezionalità.
“Noi del Cts abbiamo iniziato a mettere a verbale questi suggerimenti a fine aprile per dare una risposta alle necessità della scuola. Se dipendesse da me avrei riaperto le scuole da tempo, e oggi non posso che essere solidale con i ragazzi, fanno bene a protestare. Vorrei poter scendere anch’io in piazza con loro, convinto come sono che la didattica a distanza sia un eccellente strumento pedagogico, molto utile in situazioni di emergenza, ma non può essere l’escamotage, la scorciatoia alla nostra evidente incapacità di riorganizzare un percorso scolastico tradizionale compatibile con l’epidemia in corso”.
Per Miozzo, la scuola deve essere considerata non come una responsabilità solo ed esclusivamente del ministero dell’Istruzione, bensì dell’intera comunità. Posticipare ulteriormente di un mese la ripresa delle lezioni in presenza implica “l’impegno serio e strutturato di tutto il sistema”. Per questo Miozzo guarda con interesse alla proposta della ministra Lucia Azzolina, quella di vedere “mobilitati, almeno per le città metropolitane, gli Uffici Territoriali del Governo, le prefetture, che dovrebbero diventare il punto di riferimento per tutte le istituzioni e strutture territoriali competenti a disegnare uno scenario di sicurezza prima, durante e dopo l’ingresso a scuola”.
Dal tema istruzione, poi, si passa a quello delle resse nei centri commerciali, “vergognoso” secondo il coordinatore del Cts proprio per i sacrifici che si stanno imponendo agli studenti.
“Quando si vedono scene come queste non si può fare a meno di pensare che non ci sia ancora piena consapevolezza del dramma che l’intero Paese sta vivendo. E in questo momento sembra evidente che la scuola sia la vittima sacrificale della nostra società; è molto più semplice chiudere una scuola che ritardare l’apertura di un nuovo centro commerciale, anche perché i ragazzi non votano. Dobbiamo sforzarci di capire che siamo ancora nel pieno della pandemia. Anche se oggi vediamo una flebile luce in fondo al tunnel, il numero dei morti e dei contagi è ancora elevatissimo, e l’incidenza dei positivi sulla popolazione è di molte volte superiore rispetto a quella che viene indicata come soglia per tenere l’epidemia sotto controllo”.
Una chiosa finale, inevitabile, sul Natale che verrà. Miozzo raccomanda di non incontrare parenti al di fuori dei conviventi ma, allo stesso tempo, non condivide la scelta di chiudere i ristoranti nei giorni di festa.
“Dovrò rinunciare anch’io a vedere i miei figli e le mie nipotine che non vedo da quasi un anno. È un dolore terribile ma so che se domani incontrassi uno dei miei figli, avrei davanti a me un potenziale pericolo. Non c’è nulla di meglio di pranzi in famiglia, tra parenti che non sono conviventi, per provocare un’impennata di contagi. Quindi saremo da soli io e mia moglie, faremo molte chiamate via Skype e cercheremo di compensare la tristezza che ci deriva dal momento in questo modo. Mi dispiace molto che si sia immaginato di vietare l’apertura dei ristoranti a Natale e nelle giornate di festa. Trovo che sia un provvedimento poco illuminato anche perché in fondo il ristorante è un pò come la scuola, un luogo dove sei costretto a rispettare le regole della prudenza e del comportamento corretto. I ritrovi domestici sono invece propedeutici al rilassamento e alla mancanza del rispetto delle regole di cui parliamo costantemente”.