Sono migliaia i docenti precari che in questi giorni stanno ricevendo le lettere di licenziamento. Con buona pace del principio di continuità didattica. È l’effetto dei controlli tardivi dei punteggi assegnati nelle graduatorie provinciali, che le scuole-polo stanno effettuando in questi giorni. E se il punteggio è sbagliato, ciò comporta l’annullamento della procedura di reclutamento e il licenziamento in tronco. A differenza degli altri anni, infatti, la gestione delle domande non è stata effettuata dagli ambiti territoriali, ma direttamente dalle cosiddette scuole polo.
A causa della strettezza dei tempi e della mole impressionante di domande che, secondo i dati ufficiali sarebbero state 753.750, l’amministrazione centrale ha assegnato agli uffici il potere di delegare tali adempimenti alle istituzioni scolastiche. E gli uffici se ne sono avvalsi.
Nella fase della valutazione delle domande, peraltro, l’amministrazione non ha posto gli aspiranti docenti nella condizione di effettuare le necessarie rettifiche. Ciò nonostante il fatto che spesso si è trattato di errori del sistema che, in molti casi, ha addirittura tagliato interi pezzi delle domande già presentate. I primi pronunciamenti della giurisprudenza, peraltro, hanno affermato il principio secondo il quale, in materia di graduatorie finalizzate alle assunzioni a tempo determinato, non si applicherebbero le disposizioni contenute nell’articolo 6, della legge 241/90 (si veda Italia Oggi del 15 dicembre scorso).
Disposizioni che prevedono l’obbligo per l’amministrazione di consentire rettifiche e integrazioni delle domande da parte degli interessati. Tesi questa che, peraltro, sembrerebbe collidere con il recente orientamento del Consiglio di stato, secondo cui nelle procedure selettive finalizzate alle assunzioni nella pubblica amministrazione le rettifiche e le integrazioni si collegherebbero addirittura al principio di buona amministrazione (V Sezione, 7975/2019).
Facendo riferimento a un caso analogo verificatosi in occasione di un concorso, i giudici di palazzo Spada hanno spiegato, infatti, che la procedura di reclutamento «in quanto diretta alla selezione dei migliori candidati a posti pubblici, non può essere alterata nei suoi esiti da meri errori formali, come accadrebbe se un candidato meritevole non risultasse vincitore per una mancanza facilmente emendabile con la collaborazione dell’amministrazione. Il danno», si legge nella sentenza, «prima ancora che all’interesse privato, sarebbe all’interesse pubblico, considerata la rilevanza esiziale della corretta selezione dei dipendenti pubblici per il buon andamento dell’attività della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.)».
La procedura che prevede la possibilità di correggere e integrare le domande è nota agli addetti ai lavori alla stregua di soccorso amministrativo: l’amministrazione va in soccorso dei cittadini per consentire loro di accedere al beneficio richiesto. Specie quando si tratta di procedure complicate che mettono a dura prova anche gli addetti ai lavori. Resta il fatto, però, che il soccorso amministrativo non è stato attivato. E non è stato nemmeno effettuato il controllo preventivo da parte degli uffici scolastici che, per prassi, consente in qualche misura rettifiche e integrazioni nella fase dei reclami.
Agli uffici, infatti, è stato assegnato solo il compito di correggere gli errori del sistema effettuati nella compilazione delle graduatorie. Ma siccome le graduatorie sono state pubblicate già in forma definitiva, gli uffici hanno addirittura dovuto procedere alle correzioni tramite la farraginosa procedura dei decreti di rettifica. Che comportano oneri motivazionali molto più pesanti e che hanno rallentato ulteriormente le operazioni. Questi i presupposti della situazione attuale.
Quanto ai controlli in atto da parte delle scuole, va fatto rilevare che i licenziamenti, sebbene necessari e ineludibili, privano gli alunni della continuità didattica. E pongono un ulteriore problema. I docenti licenziati, infatti, se l’amministrazione avesse fatto i controlli prima delle assunzioni, avrebbero comunque avuto titolo a concorrere alle assunzioni a tempo determinato con i punteggi effettivamente spettanti. E molti di loro avrebbero potuto ottenere in ogni caso un incarico di supplenza fin dal 1° settembre.
Adesso, invece, ad anno scolastico inoltrato e dopo che le operazioni di assunzione sono terminate, dovranno accontentarsi di incarichi di supplenza residuati e, comunque, con ogni probabilità, economicamente svantaggiosi. Fermo restando che, avendo comunque maturato il diritto a concorrere alle assunzioni a tempo determinato all’atto della presentazione della domanda, avrebbero comunque titolo a rivalersi contro l’amministrazione, anche in giudizio, per la mancata assunzione delle supplenze loro spettanti che siano state assegnate a docenti con meno punti all’atto della precedente tornata di assunzioni.
da ItaliaOggi – 23 dicembre 2020 – Marco Nobilio